Cervelli in fuga, coppia di scienziati ennese all’Università di Berkeley
Enna-Cronaca - 03/07/2023
Da diversi anni l’Italia è costretta a fare i conti con i cosiddetti “cervelli in fuga”. Giovani laureati, che possiedono delle specializzazioni professionali, costretti a emigrare all’estero perché il nostro Paese non investe a sufficienza sulla ricerca.
La storia di Enrico e Cristina
Ogni anno-si scorge dai dati- l’Italia perde l’1 per cento del Pil per via dei cervelli in fuga, bruciando miliardi di investimenti fatti in capitale umano. Tra i tanti talenti che hanno lasciato il nostro Paese, in particolare la Sicilia, ci sono due giovani ricercatori: Enrico Ridente, 30 anni, ennese, e la moglie Cristina Leonardo, 32 anni, nativa di Calascibetta, paese dove vivono i suoi genitori.
Lui fisico, lei chimico
Lui fisico, lei chimico, giovani geni impegnati nel campo della ricerca all’Università di Berkeley, un prestigioso ateneo situato a San Francisco, in California. Con una passione innata per la fisica, Enrico ha raggiunto l’apice della sua carriera a seguito del dottorato che ha conseguito in Germania, presso il rinomato Max Planck Istitute di Ottica Quantistica, a Monaco di Baviera. Ciò che rende interessante il loro percorso è il legame che li unisce fin dai tempi degli studi in Sicilia.
Studenti del liceo scientifico di Enna
Entrambi infatti sono stati ex allievi del Liceo Scientifico “Pietro Farinato” di Enna. “L’amore e l’interesse per la fisica si manifesta durante gli studi superiori”- ci spiega Enrico, ascoltato telefonicamente, che aggiunge: ”A stimolare la mente è stata la straordinaria bravura del professore di fisica Antonio Alaimo. Poi si sono aggiunte le olimpiadi di matematica che mi hanno fatto capire che la strada da percorrere era quella della fisica”. Così, dopo il dottorato in Germania, per Enrico e la moglie si aprono nuovi orizzonti: la tanto sospirata America. Lì, in California, trova sede l’importante Università Berkeley, un eccellente polo di ricerca. Per Enrico e Cristina la strada è spianata. Sono stati anche i docenti dell’stitute Max Planck a indirizzare i due studiosi ennesi. Recentemente, Enrico ha raggiunto un importante traguardo che lo ha proiettato sulla prestigiosa rivista internazionale Science.
La ricerca
Insieme al suo team di scienziati ha portato avanti una ricerca, finanziata dal Dipartimento americano per L’Energia, sul comportamento delle molecole utilizzando una tecnica di imaging a raggi x. “Un lavoro straordinario- dice il ricercatore ennese- che ci ha portato a capire il perché il metano ionizzato esiste in natura. Siamo riusciti ad analizzare come la struttura del metano si modifica durante la rapida rimozione di un elettrone. I risultati ottenuti hanno importanti implicazioni per lo sviluppo di dispositivi di conversione dell’energia”.
Il lavoro in Corea del Sud
Una ricerca che lo scienziato ennese illustrerà dal 9 al 14 luglio in Corea del Sud, in occasione di una conferenza internazionale. Perché- chiediamo a Enrico- molti ricercatori lasciano questo Paese? “In Italia- spiega- c’è un numero esiguo di team internazionale che punta alla ricerca, questo non riesce ad attirare neppure cervelli dall’estero. Lavorare con colleghi di diverse nazioni ti arricchisce professionalmente. C’è poi il fattore economico- continua il fisico ennese- In diversi paesi esteri, come la Germania o gli Stati Uniti, si investe abbastanza nella ricerca e questo ti permette di avere importanti stipendi”.
“Manca la famiglia ed il cibo”
Quando gli chiediamo cosa ti manca della tua terra, il ricercatore dice: “Sicuramente la famiglia, per il cibo non è un problema perché mia moglie cucina bene”. La Sicilia, per il momento, può aspettare, il sogno americano prosegue. Una storia che mostra come la determinazione da un lato, dall’altro le potenzialità, sono alla base di un successo, non solo personale, ma può avere finalità più ampie, di aiuto, oseremmo dire, per l’umanità. L’auspicio è quello che il nostro bel Paese riesca ad individuare e a valorizzare quelle “risorse”, quel capitale umano, di cui, spesso, possiamo pregiarci di raccontare solo la storia.
Francesco Librizzi