Processo al prete di Enna – don Rugolo, nessuna immagine compromettente nel cellulare

Ieri a Enna udienza per don Rugolo, il sacerdote arrestato a Ferrara e accusato di violenza sessuale su minore. L’avvocato Lovison: “Dall’indagine tecnica non è venuto fuori niente”.
Riportiamo integralmente quanto pubblicato dalla testata giornalistica estense.com di Ferrara relativamente al processo – principalmente mediatico – a carico di don Giuseppe Rugolo (ricordiamo ancora – tra le tante – la passarella alla trasmissione “Chi l’ha visto” di Rai 3), questa è una dichiarazione dal punto di vista dell’Avvocato difensore, confidiamo nella giustizia (in questo caso terrena) affinchè la verità possa venire a galla.

“Non sono state intercettate conversioni con minori, né sono state trovate immagini o chat a sfondo sessuale con minori o di abusi nel cellulare di don Giuseppe Rugolo, il sacerdote che era stato arrestato a Ferrara e che oggi è a processo a Enna con l’accusa di violenza sessuale su minore per fatti avvenuti tra 2009 e 2001, quando ancora non era un prete.
Ieri, giovedì 10 marzo, i primi testimoni dell’accusa sono stati sentiti in udienza: si è trattato dei poliziotti che hanno eseguito le indagini, compiuto perquisizioni, sequestri e intercettazioni, dopo la denuncia arrivata molti anni dopo da parte di un ragazzo (il cui padre è ispettore di polizia ed è collega degli inquirenti, come fatto notare dall’avvocato Denis Lovison, difensore di Rugolo).
Quel che è emerso è che i poliziotti abbiano rilevato come non consoni alcuni scambi confidenziali intercettati, alcuni addirittura ritenuti blasfemi – come lo scambio di una ‘emoticon’ di una croce rovesciata – con un altro parroco. Niente che sia direttamente un reato, ma che per gli inquirenti era forse indice di comportamenti vietati. Di fatto, però, almeno nel cellulare – le perizie sugli altri dispositivi informatici sono in corso – non c’era materiale davvero compromettente, né foto di minori nudi.
“Dall’indagine tecnica non è venuto fuori niente, dal telefono niente”, commenta con soddisfazione l’avvocato Lovison, che fa notare anche come gli inquirenti abbiano ammesso di aver trovato una chat tra l’imputato e il suo accusatore, spalmata in un periodo di tre anni, ma che non è stata trasmessa “perché i contenuti non sono stati ritenuti rilevanti”.
A chiarire la vicenda serviranno anche le intercettazioni, ieri è stato affidato l’incarico per la trascrizione al perito del tribunale, che avrà 60 giorni di tempo. L’udienza è stata aggiornata al 29 aprile.
Nel frattempo Rugolo è ancora ai domiciliari”.

Si apprende che la procura di Enna ha chiesto il rinvio a giudizio per tentativo di induzione indebita a dare o promettere utilità per il colonnello dei carabinieri di Enna, Saverio Lombardi ora trasferito a capo ufficio del personale a Lecce. È emerso nel corso dell’udienza del processo, ieri a tarda sera, che si celebra al Tribunale ennese, contro il prete Giuseppe Rugolo. Per la prima volta, dall’inizio del processo, in aula era presente l’imputato. Nel corso dell’udienza sono stati sentiti gli ufficiali di pg che hanno confermato che il colonnello Lombardi avrebbe consigliato al Vescovo Rosario Gisana di cambiare avvocato per un presunto coinvolgimento di questo in indagini per associazione mafiosa, in cambio dell’appoggio dell’alto prelato per diventare cavaliere del Santo Sepolcro. È il colonnello Lombardi a chiamare il vicario del vescovo, Nino Rivoli, e annunciare una sua visita per la vicenda Rugolo. Lombardi si sarebbe recato di sera ed in borghese all’episcopio. Il fatto non è sfuggito agli inquirenti e la procura ha convocato il vescovo Gisana il quale ha confermato che Lombardi era andato a trovarlo per consigliare di cambiare avvocato. «Mi disse – ha affermato il vescovo- che era meglio che cambiassi avvocato perché quello che avevo scelto poteva essere finito dentro un’inchiesta per mafia». Da una registrazione fatta dallo stesso imputato, nel corso di un incontro con il vescovo Gisana, viene fuori come quest’ultimo fosse disponibile ad elargire somme di denaro per soddisfare tutte le esigenze di natura economica dell’imputato che veniva anche informato delle iniziative legali della vittima da parte della Diocesi. A conferma di questo, tra i file rinvenuti all’interno dei supporti informatici sequestrati, è stata trovata la denuncia consegnata dalla vittima nelle mani del Vescovo, che doveva avere natura strettamente riservata. Nel corso dell’udienza è emerso che il vescovo Gisana era già stato informato prima della denuncia della parte offesa, delle presunte violenze sessuali di Rugolo a danno di altri giovani.