Riserva naturale integrale delle Forre Laviche del Simeto

Posta lungo il corso del Fiume Simeto, il maggiore dei corsi d’acqua siciliani, l’area protetta si estende nei territori comunali di Centuripe, Brente, Adrano e Randazzo per circa 291 ettari ben 285 dei quali in zona di mas-sima protezione. L’area protetta venne inserita nel piano, dopo una lunga battaglia condotta dalle associazioni ambientaliste ed in particolare da Legambiente, per conservare e tutelare il lungo susseguirsi di ingrottati lavici, con cascate, rapide, laghetti e forre che il fiume Simeto ha creato scorrendo tra le lave basaltiche di un’antica colata etnea. In questo ambiente selvaggio e panoramicamente di grande effetto, ha sede una comunità vegetale molto specializzata, capace di sopravvivere alle piene ed al caldo dell’estate, al morso
delle capre ed al gelo invernale, dando asilo ad una componente faunistica specializzata e rara. Tra le lave occhieggia l’oleandro, capace di sfruttare la benché minima opportunità di attecchimento, mentre nei dintorni, laddove i giardini di agrumi hanno lasciato spazio alla natura, fioriscono asfodeli bianchi e gialli, giunchi, prati ad ortica, papavero e tanaceto, ferie, borragine. Al sole si riscaldano la biscia, il ramarro e la lucertola wagleriana, mentre nelle acque s’odono i tonfi sordi dei tuffi della rana esculenta, del discoglosso e dell’ululone. Dove l’ingrottato sprofonda tra le lave per decine di metri il fiume viene superato dall’antico ponte dei Saraceni, costruito con un’ardita arcata a schiena d’asino, tutta in pietrame lavico misto a calcare bianco.
Il ponte in realtà non è saraceno ma un misto di diverse opere costruttive: le sue pile tutte rigorosamente dotate di struttura idrodinamica, sono di costruzione romana, probabilmente imperiale (I – II sec. D.C.) ed appartengono alle opere della strada Catina-Centorippe (Catania-Centuripe) che, come dicono diverse fonti antiche, rappresentava l’utostrada Palermo – Catania del tempo. In seguito al crollo venne costruito sulle pile romane almeno un altro ponte, aragonese, che, tra crolli e restauri si è mantenuto sino ai giorni nostri.
L’area che si auspica possa essere presto gestita dall’Università di Catania è il luogo ideale per il torrentismo.
Qui, infatti, e nella vicina gola di Bolo, profondissima, i più arditi possono recarsi all’interno degli ingrottati, tra le veloci acque, per ammirare in tutta la loro bellezza i giochi delle lave, pseudopoligonali, che incrociano i loro prismi in un effetto grafico di nero su nero che raggiunge il culmine cromatico nelle giornate di caldo sole primaverile.