La rivolta contadina a Troina, confronto tra 2 generazioni
Troina - 24/02/2025
La celebrazione della ricorrenza di un evento è un momento di riflessione. Questo vale sia per le ricorrenze di eventi significativi della vita individuale che per gli eventi che hanno segnato la storia di una città. Una conferma della giustezza di queste parole l’ho avuta sabato pomeriggio nella celebrazione, di sabato pomeriggio al Terzo Tempo Irish Pub, della ricorrenza della rivolta contadina che ci fu a Troina il 18 febbraio del 1898.
Gli organizzatori
A questa manifestazione culturale organizzata dalle associazioni culturali Antonio Gramsci e Agorà e
dal circolo dei Giovani Democratici di Troina sono intervenuti Silvano Privitera Basilio Arona, Silvestro Livolsi e Pino Scorciapino. Tutti e quattro ci siamo occupati di quell’evento facendo ricerche negli archivi storici e sui giornali di quegli anni e scrivendo saggi e articoli nei quali diamo conto dei risultati delle ricerche, che come tutte le ricerche storiche non finiscono mai.
L’evento
Ma l’evento di sabato al Terzo Tempo Irish Pub non è stato un convegno di storici accademici. E’ stata una conversazione, che non aveva niente di professorale, tra cultori di storia locale arricchita dagli altri partecipanti con osservazioni, domande e racconti sulle reali condizioni di vita dei contadini nell’immediato secondo dopoguerra, che non erano diverse da quelle di fine Ottocento. La prima riflessione che sorge spontanea è sull’età dei partecipanti al convegno. Delle tre associazioni che hanno promosso la celebrazione della ricorrenza, due sono associazioni di giovanili: Agorà e Giovani Democratici Troina. Sono espressione della generazione Z, che comprende quelli nati dal 1997 al 201.
I relatori
I quattro relatori appartengono alla generazione dei baby boomers, di quelli nati dal 1946 al 1964.
L’incontro di sabato si configura come una modalità per stabilire connessioni tra generazioni e tramettere
la memoria storica da quelle più avanti negli anni a quelle più giovani. Ci sono altre riflessioni che la
celebrazione della ricorrenza di quel tragico evento suggerisce. Tra queste quelle che ritengo la più
interessante, sotto diversi aspetti, ha a che fare con l’assetto della società troinese di fine Ottocento, che si è mantenuto fino al secondo dopoguerra, e con le sue trasformazioni dalla seconda metà del Novecento ai nostri giorni. Da fine Ottocento fino al secondo dopoguerra, ultimi anni ‘40 e primi anni ‘50 del Novecento, l’assetto della società troinese si articolava in una rigida stratificazione in classi sociali con i grandi e medi proprietari terrieri al vertice della piramide.
Le gerarchie
Nelle parti intermedie della piramide c’erano i piccoli proprietari terrieri, i professionisti e gli esercenti le professioni intellettuali, che costituivano il ceto medio alto. Sotto ci stavano gli artigiani e i commercianti, che costituivano i ceto medio basso. In fondo alla piramide c’erano i contadini poveri, che coltivano le terre dei grandi e medi proprietari terrieri con contratti fortemente sbilanciati a favore dei proprietari, e i braccianti senza terra. Il possesso della terra era il criterio ordinatore di quel tipo di assetto sociale dominato dai grandi e medi proprietari terrirei, che prima s‘incrinò negli anni 1949-1952, quando grandissima parte di contadini poveri abbandonò la terra per andare a lavorare nei cantieri e nelle gallerie dell’Ancipa, e subito dopo negli anni 60 e 70 crollò definitivamente con la massiccia emigrazione nelle Americhe e nei paesi dell’Europa del Nord.
Non ci sono le antiche famiglie nobiliari
Delle famiglie di grandi proprietari terrieri (Sollima, Squillaci, Pintaura, Calandra, Di Napoli) che allora avevano in pugno Troina, non n’è rimasta nemmeno una. Anche l’assetto sociale è cambiato: oggi non ci sono più classi sociali dai confini ben definiti con distinguibili stili di vita e interessi contrapposti, ma un ampio ed indistinto ceto medio che si gode il raggiunto benessere senza pensare ad altro che a sè stesso.