Province, per le elezioni dirette attesa da Roma

Da qui a qualche giorno si saprà se il Parlamento approverà l’emendamento presentato da alcuni deputati della Lega e finalizzato ad autorizzare l’Assemblea regionale siciliana ad introdurre l’elezione diretta degli organi di governo degli enti di area vasta.

Il nodo Delrio

Tanti sono infatti coloro (Cuffaro in testa) che individuano nella sola legge statale Delrio l’ostacolo per consentire ai siciliani di ritornare all’elezione diretta. Noi, artigiani talebani del diritto costituzionale, siamo invece convinti che l’ostacolo più grosso da superare si trovi nell’art. 15 dello statuto siciliano che, a differenza di quanto accaduto nelle regioni ordinarie, ha fatto una scelta ben precisa: quella di affidare ai
Comuni il governo dell’area vasta. Tale scelta non può essere più aggirata al pari di quanto fece il legislatore siciliano negli anni ‘80 allorquando generò la furbata delle “Province regionali”, tollerata da un Commissario dello Stato cloroformizzato dallo strapotere della democrazia cristiana del tempo. In quella occasione, infatti, si diede attuazione al citato art. 15 solo sulla carta, istituendo i liberi consorzi comunali
(denominati “Province regionali”). Nei fatti il governo dell’area vasta non fu mai affidato ai Comuni ma ad enti territoriali di governo dotati anche di autonomia politica, né più, né meno, di quegli enti che nel 2001 entrarono pure nella Costituzione col nome di “Province”.

I pareri

Un grande bluff che non potrà più essere replicato e non solo perché sulla questione si sono registrati autorevoli pareri della dottrina e della giurisprudenza, ma perché una scelta di segno non conforme al dettato normativo (e costituzionale) contenuto all’art. 15 dello statuto siciliano arriverebbe comunque al vaglio della Corte costituzionale. Sono infatti note le intenzioni di alcuni consiglieri comunali di diversi territori, pronti ad impugnare l’atto amministrativo d’indizione dei comizi elettorali conseguenziale
all’eventuale approvazione della legge che dovesse trasferire in capo ai cittadini il conteso diritto di elettorato attivo.

La Corte

In tale contesto, in cui si miscelano arroganza e ignoranza legis, il rischio è quello di consentire ai siciliani di eleggere rappresentanti sub judice, in attesa di un pronunciamento certo della Corte costituzionale che, verosimilmente, sarebbe costretta a far cadere il castello messo su da coloro che si ostinano a non volere modificare lo statuto al pari di quanto sta facendo la consorella regione a statuto speciale Friuli
Venezia-Giulia per ripristinare le Province.