Le piscine ed il variegato mondo delle autorizzazioni

In ambito urbanistico-edilizio c’è sempre stata la tendenza di giocare con le parole per rendere più sostenibili alcuni interventi. Tipico è il caso delle piscine che in molti casi vengono progettualmente proposte come “specchi d’acqua” piuttosto che “vasche per la raccolta di acqua piovana”, salvo poi
verificare che nessun pluviale è collegato a tale vasca. Il realtà il problema c’è e in assenza di una specifica disciplina ci si affida alle acrobazie del funzionario comunale di turno per stabilire se la piscina comporta un carico urbanistico tale da essere preventivamente autorizzata ovvero se la stessa può essere annoverata tra le pertinenze esonerate dal preventivo titolo edificatorio.

Il caso a Enna

Come tutti i territori anche quello ennese presenta una svariata casistica di piscine più o meno autorizzate e più o meno ben identificate. Sta di fatto che tutte le volte in cui il funzionario comunale è entrato in confusione, la proposta piscina è stata costretta a mutare denominazione, come se fosse il nomen iuris a stabilire la natura giuridica dell’intervento edilizio. Non vi è dubbio che la strada maestra sarebbe quella di disciplinare tale tipologia di attività nel contesto del regolamento edilizio, ma poiché sono
rare queste accortezze, l’approfondimento giurisprudenziale della materia eviterebbe di affidarsi alla fantasia umana per trattare tali interventi. Si scoprirebbe che per distinguere tra la qualificazione della piscina quale nuova opera edilizia, ovvero quale pertinenza, occorre solamente esaminare, volta per volta, le specifiche caratteristiche e dimensioni delle opere in questione.

Piscina piccola

L’installazione di una piscina di non rilevanti dimensioni rientra nell’ambito delle pertinenze e non integra violazione né degli indici di copertura né degli standard, atteso che non aumenta il carico urbanistico della zona e che i vani per impianti tecnologici sono sempre e comunque consentiti. In tale ottica, una piscina realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa non possiede un’autonomia immobiliare, ma deve considerarsi quale pertinenza dell’immobile principale esistente, essendo
destinata a servizio dello stesso.

Il criterio della dimensione

Il parametro della “rilevante” dimensione di una piscina muove dalla preliminare considerazione che il carattere di pertinenzialità va ancorato, essenzialmente, alla sua inidoneità al nuoto agonistico, preagonistico o anche solo amatoriale. Pertanto, ove una piscina, in ragione delle sue contenute dimensioni, sia del tutto priva di tale attitudine, essa non può svolgere altre funzioni che quelle di ornamento, o di commoditas, della cosa principale, in quanto ne migliora la godibilità estetica o anche
climatica, ma restando comunque priva di un’autonoma sfruttabilità economico-sociale.

I margini legali

In altri termini, finché una piscina – in ragione delle sue contenute dimensioni – sia inadatta al nuoto, anche amatoriale, ma unicamente sia idonea a consentire all’utilizzatore della cosa principale di rinfrescarsi o di sguazzare con intento esclusivamente ludico, si ritiene che essa non ecceda la funzione pertinenziale (anche in senso urbanistico) rispetto alla costruzione principale. Ciò significa che in assenza di particolari vincoli presenti in situ, la realizzazione di una piscina interrata, di modeste dimensioni e per uso privato, non necessità di alcun preventivo titolo edificatorio.