Ex province, Nuova Dc, “Ars ha tempo per legge su voto diretto”

“Ritengo che ci siano tutte le condizioni normative, costituzionali e politiche perché il legislatore siciliano elimini la sciagura in cui gli enti di area vasta sono piombati dal 2013 e ripristini le elezioni dirette nelle ex province regionali“. Lo afferma a BlogSicilia Salvatore Andolina, coordinatore provinciale della nuova Dc a Siracusa, assessore alla Viabilità del Comune di Avola ed ex consigliere, per cui ci sono i margini per tornare al voto nelle ex Province, ponendo fine alla stagione dei commissari.

La Consulta, però, ha bocciato l’ennesimo rinvio delle elezioni, non l’ultimo, ma ha dato un segnale chiaro

Era assolutamente scontato che la Consulta dichiarasse l’incostituzionalità dell’impugnato diciassettesimo decreto di nomina dei commissari nei Liberi Consorzi Comunali siciliani – tra l’altro ormai non attuale perché superato da quello successivo ovvero dal diciottesimo – ma ciò non incide sulla decisione prospettata dal legislatore regionale che, la scorsa settimana, ha approvato in Commissione Affari Istituzionali il Disegno di Legge che prevede di tornare a votare nella primavera del 2025 con elezione diretta degli organi di governo delle ex province regionali.

Che margini ci sono, secondo lei, per tornare alle urne con elezioni di primo livello?

La Corte Costituzionale ha ribadito che la reiterata nomina di commissari è in contrasto con il dettato costituzionale e che è, dunque, necessario ricostituire tempestivamente gli organi di governo; ma ciò non obbliga necessariamente la Regione ad indire elezioni di secondo livello. La prima tornata utile in Sicilia è, infatti, prevista per la prossima primavera; da qui ad allora il Parlamento siciliano ha tutto il tempo necessario per approvare definitivamente la legge che prevede le elezioni dirette; tale legge sarebbe perfettamente in linea col dettato costituzionale.

In che modo?

Sul punto, infatti, la traccia era già stata solcata dalla Consulta stessa con la pronuncia n. 240/2021, con la quale, benché venisse riconosciuta alla Legge Delrio del 2014 – introduttiva delle elezioni di secondo livello – la valenza di norma a tutela della finanza pubblica di generale applicazione e, dunque, “vincolante” anche per le regioni a statuto speciale come la Sicilia, al tempo stesso la medesima veniva ritenuta superata dalla mancata approvazione, nel 2016, del referendum confermativo della riforma costituzionale c.d. Renzi –Boschi, secondo cui le province sarebbero divenute enti di mero coordinamento di funzioni comunali e, dunque, enti di secondo livello. Lo stop definitivo a tale disegno di riforma ha, dunque, restituito alle province il rango costituzionale originario di enti con funzioni proprie, per l’esercizio delle quali, gli organi di governo devono rispondere del loro operato direttamente ai cittadini con una elezione diretta, esattamente come avviene per i comuni e per le regioni.

In Friuli Venezia Giulia, regione a Statuto speciale, torneranno le Province…

Infatti, l’ulteriore elemento di novità emerso negli ultimi giorni consiste nel fatto che tale orientamento sembra oggi condiviso anche dal legislatore nazionale; la Camera dei Deputati, infatti, ha approvato in prima lettura la modifica dello Statuto speciale della regione Friuli Venezia Giulia introducendo le province e prevedendo l’elezione diretta da parte dei cittadini del Presidente e del Consiglio.

E quindi?

Appare, a mio avviso, evidente che la volontà del Legislatore è quella di sposare la lettura della pronuncia del 2021 della Consulta nel senso sopra esplicato, superando definitivamente la impostazione di enti di secondo livello propria della legge Delrio ed introducendo le elezioni dirette. Tale circostanza induce, dunque, ad escludere la possibilità di una eventuale impugnativa da parte del Governo nazionale della nuova legge elettorale siciliana, una volta approvata; a ciò si aggiunga la circostanza che, a differenza dello Statuto friulano, quello siciliano prevede già gli enti di area vasta, definiti liberi consorzi comunali e, dunque, il medesimo non necessita di ulteriori approvazioni da parte del Parlamento nazionale.