Acqua, la gestione non tornerà nelle mani dei Comuni

La gestione emergenziale del servizio idrico, che deriva dalla siccità che ha colpito la Sicilia, ha sviluppato un fisiologico vespaio di polemiche accompagnato da una serie di interrogativi ai quali le Istituzioni hanno il dovere di dare risposte chiare e soddisfacenti. Uno degli interrogativi più diffusi nel nostro territorio concerne la possibilità che hanno i Comuni di reinternalizzare il servizio idrico sottraendolo all’attuale gestore “AcquaEnna”.

Dai Comuni agli Ato

Ora, prima di valutare se esistono i presupposti per una risoluzione della convenzione con il gestore che si è aggiudicato una concessione trentennale del servizio idrico (questione che richiede un’attenta
individuazione degli inadempimenti contrattuali), ci sembra utile ricordare che il modello di organizzazione di tale servizio, basato sugli ambiti territoriali ottimali, fa leva non solo su un parametro geografico, ma anche sulle risorse idrologiche naturali, secondo parametri tecnici ed economici.

Le economie di scala

L’ambito è ottimale (almeno in teoria) perchè mira soprattutto alla realizzazione di economie di scala; oltre che, naturalmente, ad una gestione integrata del servizio caratterizzata dalla unicità della gestione
all’interno di ogni singolo ambito territoriale ottimale: sotto tale profilo, viene in rilievo anche la tutela ambientale, in quanto l’attribuzione delle competenze all’Assemblea Territoriale Idrica di ciascun ambito è altresì strumentale alla razionalizzazione dell’uso delle risorse idriche. Non è del resto casuale che la competenza alla predisposizione della tariffa sia stata assegnata dal legislatore statale a tale Ente di governo d’ambito, in quanto la disciplina statale mira a preservare anche il bene giuridico “ambiente”
dai rischi derivanti da una tutela non uniforme ed a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore.

Le competenze dei Comuni

In sostanza, la chiara scelta del legislatore statale – nelle materie trasversali della concorrenza e della tutela dell’ambiente – si caratterizza per l’aggregazione in ambiti di servizio ottimali, espressione dell’esigenza di razionalizzazione dei servizi e di una migliore organizzazione sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo; nonché, di una esigenza di assegnare ai Comuni – per il tramite delle Assemblee Territoriali Idriche, alle quali tali enti partecipano obbligatoriamente – le relative valutazioni
per la migliore cura dell’interesse pubblico.

Indietro non si torna

In tale contesto, in cui appare chiara la volontà del legislatore di eliminare la precedente frammentazione del servizio idrico che rimaneva nella disponibilità dei singoli e polverizzati Comuni, non è ipotizzabile ritornare indietro. Peraltro, i Comuni rimangono obbligati anche a cedere le rispettive infrastrutture idriche al soggetto gestore, individuato dall’ATI, pena l’attivazione dei poteri sostitutivi a cura della Regione. Basterebbe qui ricordare il caso del Comune di Barrafranca che per alcuni anni si è
rifiutato inutilmnte di cedere al gestore le rispettive reti idriche.

La responsabilità dei Sindaci

I Comuni, quindi, non hanno più alcuna competenza nella gestione autonoma del servizio idrico ma, quali Enti esponenziali delle rispettive comunità amministrate, sono chiamati ad esercitare le funzioni di
indirizzo, controllo e regolazione dell’importante servizio idrico congiuntamente agli altri Comuni nell’ambito dell’Assemblea Territoriale Idrica. Si chiedano i Sindaci se hanno fatto buon uso di tali funzioni prima di dichiararsi incompetenti sul governo del servizio idrico in provincia di Enna.