“Il 24 febbraio 2024 era un giorno come tanti altri, la mattina era iniziata serenamente. Non immaginavo che quel giorno la vita della mia famiglia sarebbe cambiata drasticamente, dopo 11 anni di amore assoluto. Non potevo prevedere che nel giro di pochissimo tempo il mio Nicola avrebbe smesso di vivere. Oggi sono i miei figli a darmi la forza per andare avanti”. Lo afferma Cettina Lo Gioco, una donna di Calascibetta, moglie di Nicolò Mancuso Tradenta, da tutti conosciuto come Nicola, idraulico di 34 anni deceduto a causa di un aneurisma cerebrale fulminante. Oggi Cettina, coraggiosa e risoluta, vuole lanciare un appello per lei molto importante. Una storia raccontata su BlogSicilia dalla giornalista Veronica Femminino.
Cettina ricostruisce quanto accaduto il giorno della tragedia. “Nicola era un tipo mattiniero e amava cucinare. Aveva preparato la salsa di pomodoro. Stava tenendo in braccio il nostro bimbo più piccolo, che aveva appena 7 mesi. Improvvisamente si è portato le mani alla testa perché in preda ad un dolore fortissimo. Ha chiesto a me di tenere in braccio il bambino, mi ha detto che il dolore era lancinante. Io, dato che ho lavorato per tanti anni al 118, ho subito pensato che Nicola avesse la pressione alta o i sintomi di una intossicazione alimentare, anche perché non soffriva di alcuna patologia, era sempre stato sano come un pesce.
Gli ho consigliato di mettersi a letto, dicendogli che gli avrei misurato subito la pressione.
Lui, barcollando, ha deciso di andare in bagno, dove ha iniziato a vomitare. Uscendo dal bagno mi ha riferito che gli faceva male anche il collo. Da lì ho chiamato l’ambulanza”.
Nicola si mette a letto mentre Cettina è al telefono con il 118. Improvvisamente la donna sente un tonfo: Nicola è caduto dal letto. Cettina si avvicina a lui e capisce che ha già perso coscienza.
Gli pratica il massaggio cardiaco. “In quel momento – continua la donna – è successa una cosa davvero brutta: il nostro figlio maggiore, che aveva 7 anni, si è svegliato e ha assistito alla scena. Ho dovuto metterlo al corrente della situazione come se fosse un adulto, dicendogli di chiamare i nonni e di vestirsi perché dovevamo andare in ospedale al più presto. Quanto ha vissuto è stato un trauma per lui, tanto che è tutt’ora seguito da uno psicologo”.
Arriva l’ambulanza che trasferisce immediatamente Nicola all’ospedale Umberto I di Enna.
“Speravo ancora – aggiunge Cettina – che mio marito avesse i sintomi di un ictus, ma più passava il tempo più mi rendevo conto che la situazione era molto grave”.
All’ospedale di Enna intubano Nicola e lo sottopongono immediatamente – lui non ha mai ripreso coscienza – ad una Tac al cervello dalla quale si evince un consistente ematoma. L’uomo deve essere operato d’urgenza, e viene trasferito in ambulanza all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta.
Qui viene eseguita una nuova Tac: l’ematoma ha compromesso ormai tutto il cervello di Nicola.
I medici provano ad operarlo ma constatano che è tutto inutile, non c’è più nulla da fare e lo comunicano a Cettina.
“Sono entrata nel panico – ricorda Cettina -. Ho realizzato che Nicola era tenuto in vita solo dalle macchine. Per fortuna, seppur nella disperazione, io sono rimasta sempre lucida. Ho subito pensato che Nicola era la persona più altruista che io abbia mai conosciuto. Nelle nostre carte d’identità, e in quelle dei nostri figli, siamo tutti indicati come donatori di organi. E’ una scelta che io e Nicola avevamo fatto insieme. Ho detto subito ai medici che autorizzavo la donazione degli organi di mio marito. In un primo momento mi hanno guardata come se io fossi un alieno. Credo che li abbia colpiti la mia determinazione, ma io non ho avuto dubbi. Nicola voleva donare i suoi organi, era arrivato il momento di essere generosi, di contribuire a salvare altre vite”.
Il 26 febbraio 2024 viene dichiarata la morte cerebrale di Nicola e parte “la macchina” della donazione. L’espianto degli organi dell’uomo avviene la mattina del 27 febbraio.
“Nonostante il dolore di aver perso mio marito – continua Cettina – ho rivolto tante domande ai medici e alla psicologa, una persona davvero fantastica, che mi hanno supportato in quei giorni da incubo. Sono venuta a sapere che sono arrivate due equipe per prelevare gli organi di mio marito: una dall’Ismett di Palermo e una dal Policlinico di Bari, al quale è andato il cuore di Nicola.
L’equipe palermitana ha prelevato reni, fegato e polmoni, mentre le cornee sono state inviate in Veneto. Ho poi ricevuto una lettera dal Centro Regionale Trapianti, con la quale mi hanno informata che tutti gli organi donati da Nicola sono stati trapiantati. Oggi Nicola vive ancora, e per me è una gioia avere questa consapevolezza”.
Cettina vuole adesso sapere a chi sono andati gli organi di Nicola, in particolar modo il cuore.
“Vorrei conoscere queste persone – dice – non per stravolgere la loro vita. Non voglio e non pretendo nulla. Ma poterle incontrare mi renderebbe molto felice. Quegli organi sono ‘pezzi’ della mia vita”.
La donna ha creato un gruppo Facebook, del quale è amministratrice, ‘Donatori e Trapiantati d’Organi 2024 Incontriamoci’.
“Con questo gruppo – spiega – cerco di aiutare chi si trova nella mia stessa situazione. Sono venuta a conoscenza di storie che mi hanno lasciata anche un po’ scioccata. Storie di dolore ma anche di rinascita, di generosità e di gratitudine. Ho scoperto un ‘mondo’ che non conoscevo. Molte famiglie di persone decedute che hanno donato gli organi sono alla ricerca di chi ha ricevuto quegli organi, ma solo per incontrarsi e scambiarsi un sorriso, per avere la conferma che ogni tragedia non è mai vana o fine a se stessa, che c’è sempre qualcosa di bello che può aiutarci a sopravvivere ai nostri cari che non ci sono più”.
Molte persone incontrate tramite il gruppo, riferisce Cettina, ritengono “ingiusto” il vincolo dell’anonimato relativo all’identità del donatore e del ricevente.
“Secondo me, ma è solo la mia opinione, la modifica di questa legge – conclude la donna – potrebbe incentivare ulteriormente le donazioni di organi. La possibilità di conoscere dove è ‘un pezzo’ di chi abbiamo amato porterebbe a creare rapporti interpersonali talmente belli e preziosi che sarebbero un altro ‘dono’, tanto per chi ha donato gli organi quanto per chi li ha ricevuti.
Se c’è il desiderio di entrambe le parti, della famiglia che ha donato e del trapiantato, di incontrarsi, perché non dare questa possibilità?”.
A Cettina e ai suoi bambini il nostro augurio di poter continuare a guardare al futuro con ottimismo, speranza e gioia.