Due sono i servizi pubblici locali a rilevanza economica la cui gestione rappresenta un importante indicatore di coesione della comunità, il servizio rifiuti e il servizio idrico. Sono due servizi a cui i cittadini tengono particolarmente e per i quali sono pronti a scendere in piazza per pretendere il rispetto degli standard qualitativi. In provincia di Enna ciò che sta avvenendo in questi giorni a causa della crisi idrica si era già verificato negli anni 2005/2006/2007.
In quella occasione si costituirono comitati spontanei in tutti i Comuni della provincia per contestare l’esosità della tariffa d’igiene ambientale (TIA), il soggetto competente alla riscossione e anche le modalità di affidamento del servizio rifiuti. La protesta popolare ebbe la meglio su tutti i fronti e determinò
una cambio di rotta strutturale nella gestione del servizio. I cittadini- contribuenti ottennero dalla giustizia tributaria l’annullamento delle tariffe perchè imposte da un soggetto incompetente a farlo (la società d’ambito “EnnaEuno”). Ma il colpo più duro arrivò dalla giustizia amministrativa che sancì l’illegittimo affidamento del servizio alla società ”Sicilia-Ambiente”. Il sistema, che nel frattempo ha maturato una montagna di debiti e le cui dispute giudiziarie non sono terminate, ha poi trovato una fase di assestamento a seguito del sostanziale congelamento della gestione del servizio per ambito territoriale
ottimale operato dal legislatore regionale. Il servizio viene infatti assicurato dai Comuni e le tariffe (oggi TARI) vengono imposte e riscosse dai medesimi Comuni.
Sul fronte idrico il rapporto tra cittadini-utenti e gestore del servizio idrico si è deteriorato allorquando “AcquaEnna” fu autorizzata dall’Autorità d’ambito (ATO n. 5) a recuperare dagli utenti in dieci anni lo squilibrio economico- finanziario di 22 milioni di euro. Decisione presa solitariamente da un “arguto”
Commissario liquidatore e tollerata (perchè non impugnata) da tutti i Sindaci che componevano l’Assemblea Territoriale. Con l’arrivo della siccità e del razionamento dell’acqua nelle rispettive utenze, il citato rapporto è diventato conflittuale e gli esposti presentati alla Procura della Repubblica ne sono la
dimostrazione. I disservizi sono enormi e non tutti riconducibili a “madre natura”. I comitati che si sono costituiti hanno infatti acceso i riflettori su tutta la filiera delle responsabilità. Ogni Ente coinvolto nella policentrica gestione del servizio dovrà dimostrare di avere fatto i propri compiti, a cominciare dai
Sindaci dell’ATI che, tra l’altro, dovranno farci sapere se si sono dotati degli strumenti di pianificazione emergenziale previsti dalla legge regionale n. 19/2015.