Una storia drammatica ma con un lieto fine quella accaduta ad una famiglia ennese che, per oltre un mese, ha vissuto con l’incubo di perdere la propria figlia, Elisa, di appena 5 mesi.
Colpa di una bronchiolite che ha rischiato di porre fine alla vita della bimba, salvata prima dai medici dell’ospedale di Enna e poi dal personale del San Vincenzo di Taormina, a cui la famiglia, composta dalla mamma, Maria Gabriella Fazzi e dal padre, Marco Pintus, si sente ormai legata.
I genitori di Elisa, che ha una sorella maggiore, Chiara, in una lettera hanno raccontato tutta la loro vicenda, non tralasciando nulla, dalla paura di vedere morire la piccola, alle giornate trascorse negli ospedali sperando nel recupero della bimba, fino al giorno in cui quest’incubo si è chiuso.
Quella che vi raccontiamo è la storia della nostra piccola Elisa. Tutto ha inizio l’indomani dell’Epifania, domenica 7 gennaio, quando io e mio marito, preoccupati per la tosse della nostra piccola, ci rechiamo presso la Guardia Medica della nostra città, Enna, dove la Dottoressa di turno ci manda al Pronto Soccorso per il ricovero in Pediatria, con una diagnosi di sospetta bronchiolite.
Da lì inizia una delle pagine più difficili della nostra vita. Il ricovero, l’ossigeno, la C-PAP, le iniezioni di adrenalina, le diverse consulenze con i medici dell’UTIN, l’UOC diretta dalla Dott.ssa Sabrina Morreale, tutto così veloce ed improvviso da non capirci nulla. Alla sera, a distanza di circa 9 ore dal ricovero, Elisa viene trasferita in sala Rianimazione, dove la Pediatra e gli Anestesisti ci comunicano che la bambina è stata intubata ed ha uno pneumotorace, per il quale viene immediatamente operata grazie al tempestivo intervento dell’UOC Chirurgia Generale diretta dal Dott. Danilo Corrado Centonze, e ci dicono che subito dopo dovrà essere trasferita in Terapia Intensiva presso l’Ospedale dei Bambini di Palermo.
Così ci ritroviamo tra i corridoi dell’Ospedale, con il fiato sospeso e senza poter fare nulla, se non pregare. Le ore passano, ed i medici ogni tanto escono dalla sala Rianimazione per comunicarci che aspettano che le condizioni di Elisa siano stabili per poter affrontare il viaggio. Ma ogni volta che vediamo quella porta aprirsi ed uscire qualche medico, i loro volti sono sempre più provati e dalle loro parole trapela angoscia e paura.
Io e mio marito incrociamo i nostri sguardi e ci teniamo per mano, accanto a noi ci sono i nostri familiari, cerchiamo di non cadere nella disperazione e di farci coraggio; pensiamo alla nostra primogenita che è rimasta dai nonni alla quale abbiamo detto che saremmo andati a far visitare la sorellina e saremmo rientrati a casa, e invece non solo non siamo più tornati, ma oltretutto non sappiamo come le spiegheremo quello che sta succedendo; e poi pensiamo a lei, la nostra piccola e dolce Elisa di appena 5 mesi, che è lì dentro senza di noi, che prima di separarci per lasciarla entrare in sala Rianimazione ci ha lanciato uno sguardo terrorizzato, e proviamo una gran paura perché è in pericolo di vita.
Al mattino del lunedì, davanti a quella sala Rianimazione, inizia un via vai di medici, alcuni dei quali sono nostri amici, che entrano per meglio comprendere la situazione ed escono con voci piene di preoccupazione e di incertezza, cercano di farci forza, ma gli si legge negli occhi che le condizioni di Elisa sono molto gravi. Così, dopo tante ore di attesa, con il cuore in gola, la paura di perdere la nostra bambina, l’angoscia al solo pensiero di dover affrontare un lungo viaggio in ambulanza direzione Palermo perché le avverse condizioni meteo non consentono l’elisoccorso, dopo mille dubbi su cosa avremmo potuto o dovuto fare per non rischiare così tanto, finalmente il Direttore della UOC Anestesia e Rianimazione, Dott. Ezio De Rose, e la Direttrice della UOC Pediatria, Dott.ssa Anna Maria Millauro, ci comunicano che, poiché le condizioni di Elisa non consentono di affrontare il viaggio, hanno chiesto all’Equipe del CCPM (Centro Cardiologico Pediatrico del Mediterraneo) dell’Ospedale San Vincenzo di Taormina di recarsi ad Enna per “stabilizzarla” e poterla trasferire lì in Terapia Intensiva Pediatrica, e ci confermano che i medici hanno immediatamente risposto positivamente alla richiesta di aiuto e si stanno precipitando ad Enna per operare Elisa.
Quello di cui ci parla il Dott. Ezio De Rose è un intervento di assistenza respiratoria chiamato ECMO, di cui lì per lì non riusciamo a comprendere la gravità e la procedura, ma è l’intervento che torna a riaccenderci la speranza che Elisa possa essere salvata. Così, a distanza di circa un’ora e mezza, vediamo arrivare un’intera équipe di 8 persone giunte con due autoambulanze e tante, troppe attrezzature trasportate su due barelle. Il cardiochirurgo Dott. Sasha Agati, Primario del Centro Cardiologico Pediatrico del Mediterraneo, ci spiega che l’intervento che faranno su di Elisa è un intervento “salvavita” molto invasivo: verrà collegata a questo macchinario di ossigenazione extracorporea a membrana che le ossigenerà il sangue, per consentire di mettere a riposo il suo cuore ed i suoi polmoni.
Veniamo immediatamente rassicurati dai suoi occhi e dalle sue parole. Parole di chi sa cosa fa. La sua collega, la Dott.ssa Ines Andriani, nel farci firmare i consensi, riesce a leggere nei nostri occhi il terrore di perdere Elisa, e subito ci rassicura con un abbraccio, dicendoci che faranno tutto il possibile per salvarla. A fine intervento, seguiamo questi super eroi, i nostri Angeli in terra, perché di questo si tratta, che trasportano la culla termica con dentro Elisa fino a caricarla sull’autoambulanza, e ci precipitiamo in una corsa senza fiato e con il cuore in gola per seguirli con la macchina, nel mezzo di una delle giornate più gelide di questo inverno ed affrontando il traffico della Tangenziale di Catania.
Intorno alle 17.30 arriviamo finalmente all’Ospedale di Taormina, dove a tarda sera il Primario della Terapia Intensiva Pediatrica, Dott. Enrico Iannace, ci prospetta la situazione e gli eventuali futuri sviluppi, compresi i rischi che corre Elisa. Da lì ha inizio un periodo per noi di “sospensione”, in attesa di ricevere buone notizie o anche soltanto di non averne di cattive.
Un periodo che dura un mese, tra giornate da 0-0 e giornate con piccoli miglioramenti, altre con lastre ai polmoni leggermente peggiorate. Sono giornate in cui ogni volta che squilla il telefono saltiamo in aria, perché potrebbe essere una chiamata dall’Ospedale; sono giornate in cui il primo pensiero al mattino è telefonare ai medici del CCPM per sapere come sia andata la notte; sono giornate in cui di mattina proviamo a vivere una forzata normalità e di pomeriggio viaggiamo in direzione Taormina per andare a vedere e ad accarezzare Elisa; sono giornate in cui tutto va veloce e lento allo stesso tempo, perché sembra che il tempo si sia fermato ma sembra anche voler correre troppo velocemente; sono giornate in cui il nostro pensiero è fisso su tutti i bambini che sono in quella Terapia Intensiva e sui loro genitori, che devono farsi forza ed affrontare le cardiopatie congenite dei loro figli, con tutto ciò che queste comportano.
Sono giornate in cui pensiamo che il CCPM, a rischio chiusura e che da anni va avanti con proroghe di 6 mesi, non può e non deve chiudere, perché senza di esso noi e tanti genitori non avremmo avuto alcuna speranza per i nostri figli, e non si può pensare per nessun motivo, che sia politico o economico, di negare il diritto alla salute ai bambini, sarebbe davvero crudele; sono giornate in cui cerchiamo di non pensare, ma ogni attimo il nostro pensiero è lì, in quel lettino di quella Terapia Intensiva; sono giornate in cui Elisa manca, manca a me, a mio marito e a nostra figlia Chiara, che a soli 3 anni si è ritrovata a dover affrontare una situazione inimmaginabile, che ogni sera fa una preghierina per la sua sorellina che sta tanto male chiedendo di riaverla presto a casa.
A termine di questo tempo “sospeso”, tutto va nella giusta direzione e noi che ormai ci siamo quasi abituati ad una routine che non si può augurare a nessuno, cerchiamo di farci forza e di trovare il coraggio per affrontare una situazione che mai avremmo pensato di dover affrontare. Perché bisogna dirlo. Quello che abbiamo vissuto è stato un avvenimento inaspettato, una di quelle storie che leggi sui giornali, di cui senti parlare ai telegiornali, ma che non pensi mai possa capitare a te.
E invece può succedere. Può succedere che una bambina di soli 5 mesi perfettamente sana, nata senza alcuna patologia, contragga una comune influenza di tipo A (H1N1), manifesti una normale tosse che a distanza di poco causi una bronchiolite. E può succedere che quella bronchiolite abbia un decorso così rapido da provocare una severa insufficienza respiratoria, tale da dover ricorrere a strumentazioni e professionisti di cui non tutti gli ospedali sono dotati.
Saremo sempre grati a tutto il personale sanitario dell’Ospedale Umberto I di Enna per aver saputo gestire una simile emergenza, per aver tenuto in vita Elisa in attesa di comprendere come e dove poterla trasferire e per aver infine coinvolto il CCPM dell’Ospedale San Vincenzo di Taormina.
Così come saremo sempre grati a tutto il personale sanitario del CCPM di Taormina, per aver prontamente risposto alla richiesta di aiuto, per aver curato e coccolato con grande umanità e professionalità la nostra piccolaElisa ed anche noi genitori: ci siamo sentiti al sicuro e siamo stati accolti in una grande famiglia, quella famiglia che ancora oggi continua ad accoglierci a braccia aperte, dagli infermieri ai medici, dall’osteopata volontario ai perfusionisti, dai ferristi agli OSS.
Io e mio marito non potevamo far altro che fidarci ed affidarci nelle mani di tutti i medici di Enna prima, di Taormina poi, pregando che tutto andasse bene. E così è stato.
Lo scorso 6 febbraio, a distanza di un mese dall’inizio di questa storia, la nostra piccola Elisa è tornata a casa sana e salva, ed è stata subito riempita di affetto da me, mio marito e da sua sorella Chiara, dalle nostre famiglie, dai nostri amici e da tutta la comunità che ha atteso con speranza, pazienza e fede il suo rientro a casa.
La sinergia che c’è stata tra tutto il personale sanitario è stata fondamentale: senza di essa, oggi Elisa non sarebbe con noi. Grazie per averci mostrato la passione e l’amore che mettete nel vostro lavoro.
La solidarietà che ci ha accompagnato in questa difficile prova è stata indispensabile: ricevere messaggi e chiamate da tante persone, sapere che in tutto il mondo c’erano gruppi di preghiera per Elisa, ci ha reso più forti e coraggiosi, ci ha permesso di mettere in primo piano i veri valori della vita e ci ha mostrato che insieme tutto è più facile e sopportabile. Grazie infinitamente a tutti e viva la vita!