Il Prefetto Ippolito “striglia” i Consiglieri, “Serve collaborazione in tempi di crisi idrica”

In questi giorni di calura agostana, caratterizzati dalle vicende (quasi una fiction) sulla liquidazione del Consorzio Autodromo di Pergusa, è passata inosservata la lettera che il Prefetto di Enna, Maria Carolina Ippolito ha voluto trasmettere a tutti i Consiglieri comunali della provincia di Enna, invitandoli a “tenere un comportamento collaborativo nei confronti dell’amministrazione comunale, creando un senso di responsabilità civica ed istituzionale, di supportare i sindaci nell’azione di monitoraggio e contrasto alla crisi idrica”.

Il Prefetto, che evidentemente è venuto a conoscenza di rapporti conflittuali tra i diversi gruppi consiliari che superano i confini di un’ordinaria dialettica politica, ha sottolineato la delicatezza della carenza idrica che si sta vivendo nei nostri territori, auspicando una sorta di “collaborazione emergenziale”.

La “collaborazione emergenziale”

Il Prefetto, che evidentemente è venuto a conoscenza di rapporti conflittuali tra i diversi gruppi consiliari che superano i confini di un’ordinaria dialettica politica, ha sottolineato la delicatezza della carenza idrica che si sta vivendo nei nostri territori, auspicando una sorta di “collaborazione emergenziale”.

L’insegnamento della Corte costituzionale

Ad alcuni attori della politica locale la nota prefettizia è sembrata un’invasione di campo inopportuna in un contesto in cui dopo la riforma del titolo V° della Costituzione gli Enti locali si autodeterminano anche sulla base di democratici confronti politici. A parere di chi qui scrive, il Prefetto ha invece colto nel segno, facendo proprio, ancorchè implicitamente, l’insegnamento della Corte Costituzionale che, pur sottolineando l’indissolubile collegamento esistente, nell’ambito degli Enti locali, tra livello “amministrativo” e livello di “governo”, distingue tra l’azione del “governo” che, nelle democrazie parlamentari, è normalmente legata agli interessi di una parte politica, espressione delle forze di maggioranza, e l’azione “dell’amministrazione” che, nell’attuazione dell’indirizzo politico della maggioranza, è vincolata invece ad agire senza distinzione di parti politiche, al fine del perseguimento delle finalità pubbliche obiettivate dall’ordinamento.

Le Istituzioni democratiche

In tale contesto non sono salutari alcune forme di ostruzionismo, nè di maggiornaza nè di opposizione. L’art. 49 della Costituzione, nel riconoscere il diritto di tutti i cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, fissa in tale metodo democratico il limite invalicabile dell’attività dei partiti e dei loro esponenti. E il rispetto di questo limite non può non imporre ai partiti e agli eletti nelle loro liste, implicitamente ma sicuramente, oltre che un comportamento negativo di astensione da azioni perturbatrici delle regole del gioco democratico, anche un comportamento positivo consistente nell’impegno di far funzionare correttamente le Istituzioni. La norma costituzionale preclude, dunque, ai partiti politici e ai loro rappresentanti qualunque opera non solo di aperto sabotaggio ma anche di subdola, lenta e surrettizia erosione delle Istituzioni democratiche, in quanto queste appartengono a tutti i cittadini (art. 1, 2° comma Costituzione) e certamente non ai loro rappresentanti politici, né tanto meno alla maggioranza.

L’indecoroso spettacolo che si sta osservando in alcuni Consigli comunali la dice lunga sull’efficacia di norme ordinamentali rimesse alla sola disponibilità politica delle classi dirigenti locali.