Cosa avrebbero pensato e scritto Umberto Eco e Jorge Luis Borges, due grandi fantasiosi scrittori dotati di un’eccezionale immaginazione, se avessero avuto tra le mani il Codice trilingue in greco, latino ed arabo del primo decennio del secolo XII conservato nel cenobio San Michele Arcangelo, il vecchio, di Troina? Di questo antico cenobio di monaci basiliani, fatto costruire dal conte Ruggero sono rimasti solo dei ruderi, che non si sa fino a quando resteranno ancora in piedi, se non si interviene per conservarli.
Quel codice trilingue fu ceduto al notaio ammiraglio Eugenio, appartenente ad una famiglia d’origine troinese di alti funzionari al servizio dei re normanni. Il capostipite di questa famiglia troinese di un
millennio fa, che si chiamava Eugenio, era stato notaio del conte Ruggero (1092) e poi fu elevato al rango di ammiraglio-emiro. “Con il titolo di emiro o ammiraglio furono designati i supremi funzionari dell’amministrazione centrale normanna a Palermo, senza che ad esso corrispondessero funzioni ben definite”, spiega Vera von Falkenhausen, apprezzata storica bizantinista, che conosce bene la storia di questa famiglia troinese. Giovanni, il figlio di Eugenio, fu emiro e grande eteriarca (comandante della guardia imperiale) a servizio di re Ruggero II come funzionario civile e come comandante delle truppe regie in Campania nella guerra contro Roberto di Capua (1117-1145).
Anche gli altri due figli di Eugenio, fratelli di Giovanni, erano al servizio del re normanno Ruggero II: Filippo in qualità di logoteta (alto funzionario dell’amministrazione con le funzioni di segretario del re)
e Nicola in qualità di emiro. Da Giovanni nacque Eugenio, al quale fu dato il nome del nonno come vuole la tradizione che ancora sopravvive a stento nelle famiglie troinesi di oggi. Eppure è una bella tradizione! Eugenio, il nipote omonimo del nonno e figlio di Giovanni, nato a Palermo attorno al 1130, fu magister duane baronum, un reparto dell’amministrazione finanziaria centrale, con sede a Salerno, che si occupava delle terre demaniali e feudali del Regno. Dopo la morte di Guglielmo II (1198), l’ultimo re normanno
che non lasciò eredi, nella lotta contro gli svevi per la successione al trono del Regno di Sicilia, Eugenio si schierò a favore di Tancredi, conte di Lecce. Per questa sua scelta, Eugenio ricevette da Tancredi, appena nominato re, il titolo di ammiraglio, che di solito si dava ai familiari del sovrano.
La buona sorte gli volse le spalle, quando in Sicilia presero il potere gli svevi con imperatore germanico Enrico VI. Si parlò allora di una congiura contro gli svevi, che alcuni storici definiscono presunta. Chissà, forse si trattò di una “false flag operation” ordita dagli stessi svevi per motivare l’eliminazione fisica di quelli che si erano schierati con Tancredi. Fatto sta che Eugenio fu imprigionato ed inviato in Germania con i superstiti della dinastia normanna, i baroni e i funzionari fedeli a Tancredi e gli eredi di quest’ultimo. A differenza di molti dei suoi compagni di sventura, che morirono nelle carceri tedesche, Eugenio ne uscì presto e vivo per tornare a ricoprire incarichi di governo.
E’ evidente che il governo svevo aveva bisogno della competenza e dell’esperienza di Eugenio. Tra i beni, che non erano pochi, di cui godeva questa famiglia troinese c’era anche un feudo denominato “Miraglia”. Il feudo dell’ammiraglio Eugenio. Viene subito da pensare all’omonima contrada ricadente sui Nebrodi. A quel tempo il territorio troinese era molto più esteso di quello ricadente all’interno degli attuali confini amministrativi. Ma dovevano averne un altro tra Troina e Regalbuto. C’è infatti in questa parte del territorio troinese la contrada Miraglia. Ignoravo l’esistenza di una contrada con quel nome nel
territorio troinese. L’ho saputo da Nicola Schillaci, un agronomo troinese con la passione per la storia locale, che conosce molto bene il territorio, al quale mi rivolgo spesso per avere informazioni sulla storia del territorio troinese. Troina è una paese carico di storia, che, se conosciuta bene e saputa utilizzare efficacemente, è una risorsa per costruire il suo futuro.
Il periodo normanno della sua millenaria storia è il più conosciuto ed è quello che viene più ricordato dai troinesi. Ed è anche quello di cui ne vanno orgogliosi con delle buone ragioni. Troina, come dimostra la vicenda della famiglia del notaio Eugenio, fornì alla dinastia normanna degli Altavilla il personale politico per la costruzione dello Stato del Regno di Sicilia. Uno Stato che ha molti tratti degli Stati nazionali costruiti dalle monarchie spagnola, francese e inglese tra il ‘400 e il ‘500. Eugenio il nonno ed Eugenio il nipote parlavano tre lingue: arabo, latino e greco. E’ realistico pensare che i troinesi, essendo una popolazione multietnica dove, parlassero o si intendessero tra di loro parlando tre lingue diverse. L’élite colta, alla quale appartenevano Eugenio e suoi figli e nipoti, era in grado di scrivere e parlare correttamente le tre lingue in cui era scritto il codice. La classi subalterne non avevano questa conoscenza delle tre lingue, ma sicuramente usavano dei linguaggi derivanti da queste tre lingue per comunicare tra loro. Troina, durante il periodo normanno, era un melting pot etnico e religioso dove convivevano cristiani di rito greco e cattolico, arabi musulmani ed ebrei. Anche questo è un buon motivo per ricordare quelle
lontane vicende storiche di Troina.
Silvano Privitera