Calato il sipario sulla rocambolesca elezione diretta degli organi di governo negli enti di area vasta, e rimandata a data da destinarsi una riforma seria di tali enti, bisognerà, sic stantibus rebus, fare i conti con ciò che prevede la normativa vigente.
In forza di quanto previsto dall’art. 15 dello statuto siciliano, il governo dell’area vasta non è affidato alle Province ma ai Comuni che, per l’occasione, sono stati invitati (più o meno liberamente) a consorziarsi. Nel sistema siciliano, pertanto, non sono previste due tipologie di enti territoriali di governo (Comuni e Province) come invece avviene nel resto d’Italia in armonia con il dettato della Costituzione. L’unico ente territoriale di governo è rappresentato dal Comune, ente a fini generali dotato di autonomia amministrativa, finanziaria e politica ma, soprattutto, ente a rilevanza costituzionale. Riflessione a se stante meriterebbe la natura giuridica delle Città metropolitane.
Secondo questa impostazione ordinamentale il Consorzio comunale è un ente strumentale dei Comuni, che potrà esercitare solo ed esclusivamente le funzioni amministrative espressamente previste dalla legge. Limitazione che aiuta a comprendere l’enorme differenza che esiste tra un ente territoriale di governo e un ente non territoriale di governo. Solo il primo può, ad esempio, agire in giudizio a difesa della propria comunità, o rivendicare forme di autonomia impositiva o formulare quesiti alla Corte dei Conti o, ancora, promuovere partenariati e politiche di promozione dello sviluppo territoriale.
In siffatti enti, denominati di 2° livello, la sovranità appartiene sempre ai cittadini che, però, la esercitano attraverso l’intermediazione dei propri rappresentanti comunali, né più né meno di quanto avviene a livello parlamentare. Così come è il Parlamento ad esprimere il Governo, nei Liberi consorzi comunali saranno i Sindaci e i Consiglieri comunali ad eleggere la governance dell’ente di area vasta.
Massimo Greco