Hanno presentato ricorso al Tribunale della Libertà i legali degli indagati coinvolti nell’operazione antimafia Stiela della Dda su un giro di estorsioni ai danni degli imprenditori della zona del Dittaino. Si sono già consumati gli interrogatori di garanzia davanti allo stesso gip del Tribunale che ha aveva firmato le ordinanze di custodia cautelare, da qui la decisione da parte dei legali di ricorrere al Riesame allo scopo di annullare o attenuare le misure cautelari.
Tra i principali indagati c’è Sebastiano Gurgone 71 anni, indicato dai magistrati della Procura distrettuale antimafia come il capo della famiglia che controlla la zona di Valguarnera. L’uomo difeso dall’avvocato Gaetana Palermo, si era avvalso della facoltà di non rispondere ed il difensore aveva chiesto al gip la sostituzione della misura cautelare in carcere con un’altra meno afflittiva.
Gli altri arrestati sono: Sebastiano Calcagno, 34 anni, Giuseppe Scibona, 70 anni, Cristoforo Scibona, 45 anni, tutti residenti a Valguarnera Caropepe, tutti in carcere, indiziati per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, aggravata dalla disponibilità di armi, ed estorsione aggravata dal metodo mafioso mentre sono ai domiciliari Antonino Martorana, 51 anni indagato per il delitto di riciclaggio, Filippo Greco, 63 anni, indagato per il delitto di assistenza agli associati, ed, infine, di Rosario Catalano, 84 anni, indagato per il reato di usura.
Ha sempre negato le accuse mosse dai magistrati della Dda di Caltanissetta e dei carabinieri del Ros Antonino Martorana. L’uomo, difeso dall’avvocato Lorenzo Caruso, ha detto di non aver mai emesso fatture per coprire una estorsione ai danni di un imprenditore. Inoltre, ha anche sostenuto di essere totalmente estraneo ai fatti.
Secondo la Dda, le indagini hanno consentito di svelare la riorganizzazione di Cosa nostra, e nello specifico della famiglia di Enna, a seguito della scarcerazione di Sebastiano Gurgone nell’aprile del 2019. “Lo stesso, in più occasioni, avrebbe proclamato con soddisfazione il suo status di uomo d’onore, ruolo che lo poneva al vertice del sodalizio mafioso operante nella citata area” hanno spiegato gli inquirenti.
Il monitoraggio si è incentrato oltre che su Gurgone, anche sui suoi più stretti collaboratori, Sebastiano Calcagno, figlio di Domenico Calcagno, “elemento di assoluto rilievo di cosa nostra ennese ucciso nel 2003 per contrasti insorti all’interno dell’organizzazione mafiosa, Cristoforo e Giuseppe Scibona, padre di Cristofero, e rispettivamente nipote e cognato del defunto Domenico Calcagno” si legge nel documento della Dda.
Il GIP del Tribunale di Caltanissetta ha, infine, riconosciuto la gravità indiziaria delle acquisizioni investigative raccolte a carico di Filippo Greco “quale soggetto contiguo ma non appartenente all’associazione mafiosa, in quanto avrebbe fornito più volte assistenza a Gurgone” sostengono gli inquirenti.
In particolare, vi sono gravi indizi per ritenere che il “Greco si sia prestato, tra l’altro, per fare da tramite tra il Gurgone ed il titolare – spiegano gli inquirenti – di un esercizio commerciale di Valguarnera Caropepe; nonché a carico di Rosario Catalano, soggetto già in passato condannato definitivamente per associazione mafiosa, per il delitto di usura continuata proprio in danno del menzionato esercente. Nel corso dell’operazione, la polizia giudiziaria ha eseguito delle perquisizioni”