Ciclicamente l’agenda della politica viene influenzata da questioni d’interesse pubblico che risentono degli umori di un’opinione pubblica più o meno strumentalizzata dai mass-media. Tipico è stato il fenomeno di “tangentopoli” che nel nostro Paese ha segnato il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica.
Più recentemente si sono registrati numerosi interventi legislativi finalizzati a ridurre i
cosiddetti costi della politica nel contesto della pressante esigenza di ridurre la spesa pubblica. Le vittime più illustri ed istituzionali di questo periodo, che altri hanno denominato “caccia alla streghe”, sono stati gli enti Provincia, che in Sicilia hanno raggiunto i livelli paradossali che conosciamo. Non secondarie sono le polemiche che periodicamente ruotano attorno ai compensi e ai vitalizi che ricevono i parlamentari.
C’è voluto un politico della vecchia guardia, come l’On. Piero Fassino, per rivendicare nei
giorni scorsi di fronte ai suoi colleghi parlamentari la dignità del Parlamento e ricordarne a
tutti ruolo e funzioni. Lo ha fatto in modo inusuale, sventolando la sua busta paga e prestandosi alla gogna populista proprio nel momento in cui si riduce drasticamente la platea dei percettori del reddito di cittadinanza e si parla di “salario minimo”.
Anche gli enti locali risento periodicamente di questi sbalzi di umore dell’opinione pubblica, al punto di assistere alla riduzione delle indennità degli amministratori locali ovvero, come in quest’ultimo periodo, all’aumento di tali compensi. Numerosi sono i Comuni siciliani che hanno approfittato della mirata disponibilità finanziaria deliberata dalla Regione per incrementare indennità e gettoni di presenza di sindaci, assessori e consiglieri comunali.
Tra i numerosi Comuni siciliani, i cui deliberati aumenti sono passati inosservati, quelli di Enna, Valguarnera, Barrafranca e Piazza Armerina hanno invece agitato un vespaio di polemiche, alcune delle quali sfociate in attività ispettiva e d’indirizzo finalizzate ad impedirne l’esecutività.
A qualcuno può sembrare improprio (o addirittura blasfemo) che si parli di soldi e buste paga mettendoli in relazione con il valore che si deve attribuire a una Istituzione. Ma è un errore. Se è infatti vero che l’esercizio delle funzioni elettive dà luogo ad un rapporto di servizio onorario, il cui compenso è scevro da qualsiasi connotato di sinallagmaticità, con la conseguenza che la corresponsione del gettone di presenza o dell’indennità di funzione non costituisce retribuzione, ai sensi dell’art. 36 della Costituzione, è anche vero che il concetto di munus pubblicum implica lo svolgimento di un compito che viene si “donato” alla
collettività, ma non in chiave eminentemente gratuita, presupponendo pur sempre una situazione di debito a carico di coloro che ricevono tale “dono” .
Massimo Greco