Mentre il Governo regionale è impegnato a trovare “la quadra” per nominare i nuovi Commissari straordinari degli enti di area vasta, in attesa di un’improbabile ritorno all’elezione diretta dei relativi organi di governo, rari sono i casi in cui si registra un approfondimento complessivo del sistema delle autonomia locali.
In tempi di progressiva contrazione della spesa pubblica, i cui vincoli sono stati allentati solo nel periodo pandemico, le esigenze di razionalizzazione delle autonomie locali, impongono di rivedere anche i parametri quantitativi derivanti dal rapporto tra numero di cariche elettive e comunità locali rappresentate, venendo ad essere coinvolto lo specifico fine della riduzione dei costi della politica, che non può essere disconnesso dalle ragioni di coordinamento finanziario proprie di obiettivi di portata oramai chiaramente europea.
Oggi l’interesse pubblico può essere tranquillamente raggiunto da un numero di Consiglieri comunali decisamente inferiore a quello attuale. E tale assunto assume robustezza in tutti quei Comuni che non superano i 15 mila abitanti e che poi rappresentano la maggioranza dei Comuni d’Italia. Ci chiediamo quale funzione di indirizzo politico può ancora oggi essere esercitata dai Consiglieri in Comuni in cui i bilanci sono diventati meri documenti ricognitivi della contabilità dell’ente municipale sempre più vincolata dai noti parametri del patto di stabilità. Quale funzione di indirizzo politico e di programmazione urbanistica può essere esercitata in Comuni sempre più preda di decremento demografico e socio-economico. Se tutti i Comuni sono ormai dotati di strumentazione urbanistica, ancorchè spesso da aggiornare, e totalmente antropizzati, su cosa bisogna ragionare per giustificare ancora la funzione di indirizzo e programmazione in capo ai Consigli comunali?
Con questo non vogliamo dire che le comunità locali potranno in futuro essere governate dai soli Sindaci modello podestà, si vuole soltanto far notare che il rapporto tra interesse pubblico e fiscalità generale non è cristallizzato ma dinamico e, come tale, soggetto a variazioni. Se per il perseguimento del medesimo interesse pubblico sotteso al governo di un ente locale, basta un numero inferiore di Consiglieri rispetto a quello attualmente previsto, il legislatore deve prenderne atto introducendo i necessari correttivi pena la violazione dell’art. 53 della Costituzione in forza del quale “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
Massimo Greco