Il caos dei modelli associativi e la moda dell’Unione dei Comuni

Per la promozione delle politiche di area vasta l’uso accorto dell’associazionismo comunale è fondamentale. Il legislatore, nel tempo, ha messo a disposizione dei Comuni tre tipologie di associazionismo: il consorzio, l’unione e la convenzione. Sono tre modelli che non sono interscambiabili ma, al contrario, vanno individuati strumentalmente alle finalità che s’intendono perseguire. Tre sono le variabili di cui i Comuni dovrebbero tenere conto. L’oggetto, l’ambito territoriale e il tempo.

L’oggetto

E’ importante stabilire se lo strumento associativo serve per gestire servizi pubblici locali o per esercitare funzioni amministrative. Nel primo caso il consorzio è la soluzione scelta dal legislatore per la gestione obbligata ed integrata di servizi pubblici a rilevanza economica come quelli idrici ovvero per accompagnare il decentramento dei corsi universitari statali. Appartengono alla categoria dei consorzi obbligatori quelli concepiti dallo statuto siciliano per il governo delle aree vaste. Nel secondo caso l’unione è il modello più utilizzato per l’esercizio associato di funzioni amministrative comunali. E’ lo strumento che il legislatore ha sponsorizzato nel perseguimento delle politiche di riduzione progressiva della spesa pubblica locale, nella prospettiva di raggiungere la chimera ordinamentale rappresentata dalla fusione dei medesimi Comuni.

L’ambito territoriale

L’ambito territoriale è lo spazio ottimale all’interno del quale si riescono ad ottenere economie di scala. L’individuazione di tale spazio dovrebbe risentire meno delle spinte campanilistiche e più delle teorie economiche ed aziendali. Il rocambolesco ritorno ai Comuni della gestione del servizio rifiuti, tollerato solo in Sicilia da un superficiale legislatore, altro non è che l’esempio di un servizio erogato su un ambito territoriale non ottimale.

Il tempo

La durata del progetto è dirimente per la scelta del modello associativo. Se la finalità ha un tempo determinato, il modello associativo più adeguato è la convenzione, l’unico sprovvisto di personalità giuridica. Tipici sono i casi in cui i Comuni si associano per la partecipazione di scopo ad un progetto, realizzato il quale si esaurisce anche il ruolo esercitato dal Comune capofila che, nella maggior parte dei casi svolge le funzioni di Amministrazione aggiudicatrice e centro di costo.

I modelli associativi in provincia di Enna

I Comuni della provincia di Enna hanno, nel tempo, sperimentato diversi modelli associativi ma non tutti hanno avuto la stessa fortuna. Il Consorzio Autodromo di Pergusa è ancora in vita grazie ad un corposo finanziamento regionale. Il Consorzio Ennese Universitario ha rappresentato l’incubatrice dell’attuale Università Kore. Il Consorzio Biennale di Archeologia, invece, ha avuto solo il tempo di organizzare un convegno per poi essere liquidato. Il Consorzio dell’area di sviluppo industriale è stato posto in liquidazione dal legislatore che lo aveva istituito. Al netto di qualche iniziativa associativa finalizzata alla partecipazione specifici progetti, la convenzione viene ancora oggi utilizzata dai quattro distretti socio-sanitari.

Non si comprendono i motivi di tale scelta per il governo di enti che sono stabili e duraturi. Più recentemente, i Comuni della provincia di Enna stanno accarezzando il modello dell’unione per attingere ai finanziamenti per le aree interne (SNAI). Anche in questo caso non si comprendono le ragioni di tale scelta, visto che per progetti di scopo e temporalmente delimitati sarebbe più funzionale il modello della convenzione. Peraltro, la costituzione di più unioni di Comuni, alcune delle quali comprendenti anche l’improvvisata adesione di Comuni extraterritoriali, finirebbe solo per aumentare il disordine ordinamentale già generato dall’indebolimento dell’ente di area vasta. Così facendo, il territorio della provincia di Enna, che ha perso la funzione di guida prima riconosciuta al capoluogo di provincia, si presenterà sempre più sfilacciato e disorientato.

Massimo Greco