Scuola Valverde e le 2 decisioni del Tar sullo scontro Comune Libero consorzio

Lo scontro giudiziario tra Comune di Enna e libero Consorzio comunale di Enna sulla scuola Valverde si è concluso con un pareggio, almeno per il momento. Il TAR di Catania con due distinti provvedimenti ha deciso sui ricorsi presentanti, rispettivamente, dal libero Consorzio comunale contro il Comune e dal Comune contro il libero Consorzio comunale.

I 2 ricorsi al Tar

Il primo ricorso attivato riguardava l’esercizio dell’autotutela esecutiva in forza della quale il Comune di Enna ha inteso rientrare nel pieno possesso dell’immobile della scuola “Valverde”. Il secondo ricorso riguardava invece il tentativo del Comune di impedire la proroga regionale dell’incarico in capo all’attuale commissario Di Fazio.

Le sentenze

Sul primo ricorso il TAR ha dato ragione al Comune di Enna, così consentendo allo stesso di poter mantenere la destinazione d’uso scolastica all’immobile “Valverde” rimasto inutilizzata, ed ai limiti dell’abbandono, per troppi anni. Sul secondo ricorso il TAR ha invece dato ragione alla Regione e al libero Consorzio comunale, affermando la carenza d’interesse del Comune a sollevare una questione di costituzionalità della legge regionale che autorizzava le proroghe del regime commissariale, in considerazione del fatto, noto, che il sindacato di costituzionalità era già stato richiesto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. In entrambi i giudizi le parti sono state condannata alle spese.

Il pareggio ci sembra la soluzione più equa per uno scontro tra Istituzioni, che non abbiamo già esitato a biasimare, ed a ritenerlo lesivo del principio costituzionale di leale cooperazione. Se è infatti vero che le Istituzioni locali sono legittimate ad agire in giudizio per tutelare i propri interessi pubblici, è altrettanto vero che a queste non si può riconoscere alcuna capacità di agire secondo “coscienza”.


Solo gli individui hanno una coscienza, mentre la coscienza delle Istituzioni pubbliche è costituita dalle sole leggi che le regolano solo in base al “principio di legalità”. Diconseguenza, il cittadino che esercita funzioni pubbliche deve necessariamente spogliarsi delle sue convinzioni etiche, morali, politiche e religiose per veicolare all’esterno solamente la volontà dell’Istituzione pubblica che rappresenta o per la quale presta servizio.

Massimo Greco