Al Consiglio comunale di ieri il previsto dibattito politico sulle modalità attraverso cui si è risolta la crisi politica si è celebrato. Come era prevedibile, il primo cittadino è stato messo con le spalle al muro dai tradizionali gruppi di minoranza ai quali si sono aggiunti i nuovi arrivati.
Bisogna infatti ricordare che con il nuovo assetto della giunta, il sindaco è passato da 15 a 10 consiglieri. Al netto di qualche intervento manifestamente impregnato di rancori personali (Campanile) e di qualche altro proiettato a far comprendere al sindaco che “la musica è finita” (Cardaci), il livello del dibattito si è mantenuto decisamente basso, quasi a volere esorcizzare quei vocaboli di cui si è soliti abusare in queste occasioni: dimissioni, sfiducia, etc.
Eppure, i dossier aperti sono tanti sia sul fronte più propriamente politico che su quello programmatico. L’occasione sarebbe stata troppo ghiotta per non alzare i toni ma la maggior parte dei consiglieri si è ben guardata dal farlo, temendo un “colpo di testa” del sindaco che, nel provocare l’interruzione anticipata del proprio mandato, avrebbe trascinato con sé anche quella dell’organo consiliare. In tale contesto, in cui il motto che accomuna la maggioranza dei consiglieri comunali è quello di “resistere, resistere, resistere”, le variazioni di maggioranza e di minoranza in consiglio comunale non vengono più utilizzate per misurare il rapporto di fiducia col Sindaco, ma solo per regolare i rapporti con i partiti politici di provenienza e/o per barattare qualche posizione assessoriale.
Ce ne faremo un ragione, nella speranza che i dossier più importanti per la città, a partire da quello sulla “Città Universitaria”, per il quale terremo accesi i nostri riflettori, non siano contagiati da quella “melassa” che sembra alimentare la politica del tempo in cui viviamo
Massimo Greco