Riflessioni laiche: la vita dopo la morte

Ora che siamo in campagna elettorale sia a livello nazionale che regionale forse è meglio, per non vedere questo teatrino al ribasso di mercificazione delle promesse, provare un po’ a “filosofeggiare” senza però voler salire in cattedra con chissà quale lezione di filosofia, ambito di cui vi è una passione ma non si hanno gli strumenti per poter sostenere un’esaustiva dissertazione. Ma aldilà o meno degli strumenti e della dissertazione, questo spazio può essere utile anche per aprire un dialogo (che certamente può solo arricchire) su domande che non hanno delle risposte (o comunque non abbiamo ancora le conoscenze per dare una risposta e chissà se le avremo mai) ma che sicuramente nella vita tutti noi ci siamo posti almeno una volta. E in un mondo in cui non possono esistere domande senza risposta, questi interrogativi diventano scomodi e chi se li pone è uno sfaccendato fuori di testa perditempo. Da dove veniamo? Non lo sappiamo. Dove andremo? Non lo sappiamo. Ma se il dove veniamo (che magari potrà essere una futura domanda) può interessarci in maniera relativa perché “ci siamo”, sul dove andremo è certamente un mistero che tutti noi siamo chiamati a “vivere”. Ma proprio perché è un mistero, vi è certamente un misto di emozioni che vanno dal timore al fascino verso l’appuntamento con la morte. Ma che cos’è la morte? Se lo chiediamo ad un cattolico questi ci dirà che è un passaggio verso la vita eterna. Ma ciò che muove il cattolico, come diverse altre religioni, non è una certezza corroborata da fatti ma solo un atto di fede. Ed è forse il passaggio della morte ad essere uno dei motivi per cui esiste un credo. Una religione, in fondo, esiste per spiegare l’inspiegabile, peccato che a volte perde questa funzione e viene strumentalizzata per creare sofferenza e guerre. E se dopo la morte non ci fosse nulla? Che senso avrebbe credere? Che senso avrebbe avere una morale, una vita vissuta sotto dei precetti religiosi? Se non ci fosse altro dopo la morte, ogni minuto passato con una privazione è un minuto perso, non ci sarebbe nessun senso della vita se non la vita stessa. E, scientificamente, al momento non abbiamo una prova della vita eterna per come presentata dalle religioni. E allora bisogna propendere per il nulla? Esiste uno studio interessante effettuato da un’equipe sotto la guida del prof. Gary E. Schwartz, sul fenomeno della medianità, ovvero quella presunta facoltà da parte di alcune persone di potersi mettere in contatto con i morti. Lo studio (per avere informazioni dettagliate basta leggere il libro “Esperimenti sull’aldilà” dello stesso) cerca di poter “misurare” l’accuratezza di un consulto medianico all’interno di un ambiente controllato cercando di ripulirlo da tutti quegli stratagemmi psicologici che usano gli illusionisti per trarre in inganno le persone (uno stratagemma potrebbe essere il cosiddetto “cold reading” che, semplificando al massimo il concetto, significa sparare nel mucchio fino a che non si trova una pista da parte di chi vuole ricevere un consulto e la si percorre). E nello studio, se ci basiamo sui numeri, si vede come un consulto medianico in ambiente controllato sia più “accurato” rispetto ad un campione statistico che prova a fare deduzioni. C’è quindi un qualcosa che faccia propendere per una vita dopo la morte? Questo studio non ha i numeri per negarla ma neanche per dire che effettivamente vi sia. E per certi versi siamo di nuovo al punto di partenza. Proviamo ad usare gli strumenti della scienza fisica. Un principio base fisico afferma che nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Tecnicamente questo principio ci offre la risposta che c’è un qualcosa dopo la morte ma non quello che possiamo pensare noi attraverso la religione. Nulla si distrugge, ma tutto si trasforma significa che il nostro corpo si evolve in una nuova forma, ovvero si degrada ma non viene distrutto, viene trasformato. Ma la fisica tratta del corpo. E l’anima? E di nuovo siamo al punto di partenza. Ma con una domanda in più: che cos’è l’anima? Proviamo con un altro strumento, ovvero le nuove teorie che vanno aldilà della fisica classica e vedere come il nostro corpo, formato da atomi, è fatto di materia ed energia. Se il principio della fisica classica è valido per tutto, la materia può essere il corpo, ma anche l’energia non si crea, non si distrugge ma si trasforma. E se l’energia è l’essenza stessa dell’anima? Avremo una vita dopo la morte perché anche l’anima evolverebbe in un qualcosa di diverso che ancora non conosciamo perché non conosciamo neanche il meccanismo della funzione dell’anima. Sappiamo che tutto il nostro corpo è un misto di materia, interazioni chimiche ed energetiche, sappiamo anche comprendere come funziona il nostro cervello, ma come funziona un’anima (o un animo)? Perché alla fine la vita dopo la morte è sempre la vita dell’anima dopo la morte, vista in base alla religione, o nella reincarnazione o in un mondo “altro”. E se alla fine vi fosse un fondo di verità, nel senso che, dato che anche la fisica, e con il termine fisica indichiamo ciò che conosciamo scientificamente, ammette che non esiste la “morte” intesa come distruzione ma una continua evoluzione, scopriremmo che il senso della vita esiste e che non bisogna temere la morte. Magari non incontreremmo gli angeli o i diavoli, ma di certo vi è un’evoluzione. E se quell’evoluzione non sarà da noi percepita, e quindi tutto finisce con la nostra chiusura degli occhi, aldilà di tutto non possiamo farci nulla e se non sottostare a questa dura legge. La religione potrebbe “illuderci” in un mondo in cui vivremo nuovamente, ma qualunque cosa ci sia, o niente o tutto, la strada per noi è comunque segnata e bisogna farsene una ragione.
Alain Calò

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