“La realizzazione degli obiettivi di crescita digitale e di modernizzazione della Pubblica Amministrazione (P.A.) costituisce una chiave di rilancio del sistema paese”, lo leggiamo nella versione del Piano nazione di ripresa e resilienza (Pnrr), che il governo Draghi ha ereditato dal governo Conte 2. Quest’obiettivo lo troveremo nella versione finale del Pnnr alla quale sta lavorando il governo Draghi. A pensarlo, a ragione, ci sono anche le tre federazioni siciliane della funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil che chiedono al governo della Regione Siciliana “un’assunzione di responsabilità e l’avvio subito della riforma della Pubblica amministrazione regionale”. Dopo un blocco del turnover, che dura da anni, la pubblica amministrazione il Sicilia, sia quella regionale che l’altra dei 390 comuni, ha bisogno di interventi radicali per rafforzarla sotto il duplice profilo della quantità e della qualità. Quelli che sono andati in pensione non sono stati sostituiti, gli altri che ancora ci sono hanno un’età media elevata tra 50 e 60 anni. E tra quelli ancora in servizio, ma per poco, non ci sono le nuove figure professionali di cui la PA. Assumere nuovo personale e riqualificare quello ancora in servizio rafforzandone le capacità e le competenze, è uno dei due passaggi obbligati per ammodernare la P.A. L’altro passaggio è una drastica semplificazione burocratica. Entrambi previsti dal PNRR. Per compiere questi due passaggi, le organizzazioni sindacali siciliani Cgil, Cisl e Uil invitano “il governo Musumeci a sedersi al tavolo” con loro “per lavorare subito, seriamente, concretamente e con scadenze ben definite, a un patto regionale che si ispiri allo spirito del Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale siglato a Roma la scorsa settimana”. Se non ci sarà una P.A. in Sicilia che funzioni i segretari generali Alfio Mannino e Gaetano Agliozzo della Cgil, Sebastiano Cappuccio e Paolo Montera della Cisl, Claudio Barone e Enzo Tango dell’Uil temono che la regione, “ancora, una volta resterà indietro rispetto al resto del paese e dell’Europa”. Tutti e sei i dirigenti sindacali mettono le mani avanti quando dicono che non ci stanno a fare ricadere la colpa sui lavoratori pubblici se la P.A., se non si fa quest’ammodernamento perché “le responsabilità sono imputabili esclusivamente a chi non è intervenuto per tempo sulla riorganizzazione di un macchina obsoleta e non più performante”. Chiedono inoltre “una modifica dell’Accordo Stato-Regione nei punti che contrastano con lo spirito del Patto”, in particolar modo “nel punto in cui si fermano le nuove assunzioni nella P.A.”. Le organizzazioni sindacali vanno oltre e chiedono anche “la risoluzione delle questioni degli enti in dissesto e delle ex province”. L’ammodernamento e rafforzamento della P.A. sono cruciali perché, come sostengono Mannino, Agliozzo, Cappuccio, Montera, Barone e Tango “i lavoratori pubblici hanno un ruolo centrale per la ricostruzione”.
Silvano Privitera