Nel 2017 un brutto incidente che gli procura la frattura scomposta di polso, gomito, omero e bacino lo costringe ad un delicato intervento e alla sofferta scelta di rassegnare le dimissioni per curarsi nella sua Enna. Dopo un anno passato tra interventi, terapie e riabilitazioni, nel 2018/19 viene ingaggiato dal Vallelunga squadra che milita in promozione siciliana, una squadra che a dicembre con l’arrivo di Mister Colajanni cambia progetto dando priorità alla valorizzazione dei giovani, con un organico ridimensionato riesce ugualmente a disputare un grandissimo campionato. La stagione successiva passa alla Branciforti di Leonforte progetto che si interrompe dopo 2 mesi causa covid 19.
La squadra era in salute, venivamo da un grande finale di campionato, andammo in casa del Revello consapevoli di avere le carte in regola per fare la partita, dopo 11 minuti sbagliammo due rigori, uno al 3 minuto e uno all’ 11minuto, entrambi parati, non ero preoccupato per i rigori falliti, i ragazzi erano in partita e non erano per nulla preoccupati, i nostri avevano il pallino del gioco, andammo in vantaggio con Marchetti, il loro pareggio di rigore, nei supplementari il meritato vantaggio con Molinaro, una traversa nel finale ci negò il doppio vantaggio e al 120 min un loro cross senza pretese fini in gol per il 2-2 finale. Ancora oggi ci penso, dopo una grande partita che strameritavi di vincere, non raccogli niente, solo complimenti per la prestazione che non servono a nulla, quella finale mi ha lasciato molti spunti di riflessione e di crescita.
In questi casi cosa pensi che conti di più: accorgimenti tattici, motivazioni psicologiche?
Partiamo dall’inizio: l’opinione pubblica calcistica non ci considerava all’altezza della categoria dopo i tagli. Per noi è stata una deresponsabilizzazione, che ci ha permesso di mettere le basi per un percorso di crescita tranquillo.
Un allenatore deve adattarsi alla realtà, deve farlo. Se alleni una grande squadra, devi vincere. Punto. Non serve che parli di crescita di un gruppo, è una perdita di tempo. Al contrario, se alleni una piccola squadra, o una squadra di giovani, devi strutturare un percorso attraverso una serie di obiettivi raggiungibili e misurabili.
Sicuramente ne ho beccati tanti di bravi, se parliamo di settore giovanile Marciano’ (Cristo Re), Pagana (Troina), Ricardo (Chisola), Mezzano (Torino) giusto per fare qualche nome, possono allenare qualunque giocatore. Possiedono maturità perfetta nella gestione della rosa, buona lettura a partita in corso. Sanno come aggiungere imprevedibilità al gioco, sfruttando le caratteristiche base dei calciatori. Ma direi che ne ho beccati tanti di allenatori bravi. Se parliamo di squadre di Promozione l’esperienza in Piemonte mi ha arricchito parecchio, tanti allenatori preparati, la finale playoff con Mr. Perlo (Revello) mi ha divertito molto per le contromosse di entrambi, la gara con Mr Viale e il suo calcio pratico ed efficace mi ha regalato spunti interessanti, tanto per citarne giusto un paio, in Sicilia giocare contro un volpone come Mr. Falzone e il suo Akragas non è stato facile ed è stato bello ricevere i suoi complimenti a fine gara.
No, non è fondamentale. Fa parte del tuo bagaglio, può essere utile per riconoscere delle dinamiche di gruppo e delle situazioni che hai vissuto. Sicuramente ti aiuta, sai come pensa un giocatore, sai cosa vuole.
Oggi un allenatore deve fare un percorso a 360 gradi, quasi di livello accademico. Deve formarsi perché la sua comunicazione non lasci nulla al caso. Deve capire come funzionano le persone e i gruppi sociali, per creare una relazione emotiva con i suoi calciatori. Io lavoro molto su di me. Poi devi avere una visione, una proiezione futura. Tutte le settimane ci sono alti e bassi, spesso vanno dietro ai risultati. Ma sei hai una visione, ti distacchi o quanto meno dai il giusto peso.
Quali sono le cose che posso controllare? Fondamentalmente due: chi sono io e dove voglio arrivare.
Bella domanda, ritengo fondamentale il sapere per trasmettere, conoscere diverse culture per capire, non dimentichiamo che i ragazzi devono divertirsi sperimentando sul campo. La scuola calcio e le categorie giovanili mi hanno dato tanto, la soddisfazione più grande non è vincere una partita o campionato, la vittoria più grande è migliorare i ragazzi, lasciargli qualcosa, investire sul giovane indicando la strada. Mi da fastidio quando vengo giudicato solo per i campionati che ho vinto, non mi interessa l’etichetta di vincente, preferisco contribuire nella crescita tecnica, fisica e mentale dei ragazzi.
Le differenze sono notevoli, per comunicazione, programmazione, obiettivi, metodologie. Sono cresciuto in diversi ambienti, con diverse problematiche e lavorare in diverse categoria mi ha fatto diventare un uomo migliore. Non ho difficoltà a gestire una categoria rispetto un altra.
Se vinci nel settore giovanile e non passi nessun giocatore in 1 squadra hai perso e hai fallito miseramente, nel calcio giovanile conta investire sul giovane aiutandolo nel suo percorso di crescita. Nelle prime squadre vincere è importante per i dirigenti per i media, per gli interessi economici, per tutto l’indotto, direi che la vittoria va costruita nel tempo, per vincere ci vogliono tanti fattori che coincidono, giocatori bravi, un buon allenatore e una società solida.
Vivo alla giornata pensando positivo. Al momento collaboro come osservatore CALCISTICO per un grossa agenzia internazionale per calciatori professionisti ( l’agenzia ha in scuderia calciatori che militano in A/B), guido una squadra di 8 osservatori che girano per l’Italia, il nostro compito è seguire i talenti in erba per conto dell’Agenzia che opera in Italia, Spagna, Inghilterra e Portogallo. Mi gratifica molto seguire i giovani.
Se si presentassero le condizioni giuste si, un progetto serio che duri nel tempo, ho parlato con 3/4 società che non mi hanno convinto, resto fiducioso e positivo.