Il 18 marzo, a mezzogiorno, si benedicono gli altari a Leonforte e solo dopo si può avere il “pupiduzzu” e poi per tutta la notte e fino alle prime luci dell’alba, una moltitudine di gruppi festosi si riversa per le strade del paese a “girari l’Artara”. Un lungo peregrinare alla ricerca di un illuminato W S.G. (Viva San Giuseppe) o di una stella che indica la tavolata. Il giorno e la notte precedenti invece si frigge e le vie del paese odorano di cardi e finocchi e “sfingi” e si sentono i canti e le preghiere delle donne indaffarate e allegre. In questo tempo surreale e sospeso tutto questo pare un racconto lontano, ma passerà e torneremo a onorare l’ “Artara” e ad augurare il meglio alla padrona di casa. L’Artaru è cosa grande e assai sentita a Leonforte. Una tradizione lunga 400 anni che quest’anno è slittata al 30 aprile con la mangiata dei santi al primo di Maggio. Chi ha “fatto il voto” ha capito la gravità del momento e ha scelto di posticipare il “traficu” anche perché si rischiano multe e sanzioni. Al tempo del coronavirus è piu facile arrestare un raccoglitore di cardi, solo e in aperta campagna per diffusione colposa di epidemia, che un latitante per tanto “accura” che San Giuseppe esige l’estenuante lavoro e non la denuncia per “camminata fuori legge”. Verrà il tempo in cui di questo delirio da controllo rideremo, oggi pare necessario e le stelle sono quelle appuntate al petto dei moderni sceriffi: delatori dei nuovi untori, i runner. San Giuseppe ridai ai tuoi fedeli il senno per comprendere e bene agire.
Gabriella Grasso