Coronavirus, ma gli anziani vanno gettati via?

Oggi siamo di fronte all’”orrido cominciamento” dell’epidemia o pandemia di corona-virus, o COVID-19, asettico acronimo à la page. Una pesante calamità che nella storia – ricordando Tucidide, Boccaccio, Manzoni – segue quelle di peste nera, tifo, colera, febbre gialla, vaiolo, spagnola, Sars, Hiv, Ebola. In Italia medici, infermieri e personale sanitario – malgrado il loro numero assai ridotto per improvvidi e continui tagli – sono in trincea, in prima linea, operando con dedizione, sacrificio e spesso eroismo in strutture sanitarie che nel nostro Paese indossano il vestito di Arlecchino: con aree di eccellenza e altre, specie nel Sud, carenti di dotazioni e attrezzature d’avanguardia. A fronte di questa abnegazione il 29 febbraio la SIAARTI-Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva ha reso noto un comunicato – da alcuni giornali definito sciagurata ipotesi – nel quale si raccomanda ai loro specialisti una graduatoria tra gli arpionati dal corona-virus: chi sia da salvare e chi da abbandonare, con riferimento agli anziani. In sintesi il dilemma: chi curare prima? Secondo questa nota il parametro è “il limite di età all’ingresso”.
Una specie di proscrizione dei più vecchi e malati. Un criterio che è anche una sorta di selezione naturale. Una specie di lista della morte. Una picconata a principi e comportamenti millenari, sulla base di algoritmi e algide presunte teorie di tecnocrazia. Eppure pochi giorni addietro Papa Francesco aveva detto che gli anziani sono “alberi che continuano a portare frutto”. Il Vaticano li ha definiti “ricchezza da valorizzare” e il presidente del Censis Giuseppe De Rita chiamandoli lungoviventi li ha segnalati come “risorsa” per il nostro Paese. Nonni che danno tanto affetto ai nipoti e sostegno economico. Il direttore di un quotidiano si è dichiarato impaurito all’idea della SIAARTI che si voglia arrivare a una decisione clinica che stabilisce chi provare a salvare e chi no. La presidente della società scientifico-professionale ha risposto, in maniera ambigua e bizantina, affermando che si trattava di una raccomandazione e non di una direttiva. Ma la carta è la sottoveste dei pensieri. Una giornalistica sintesi della questione si potrebbe esprimere con questo titolo: “Anziani nei sottoscala degli ospedali”. Roberto Gervaso ha scritto un editoriale sarcastico sulla negazione del diritto alla salute, che si concludeva con queste parole: “La Costituzione è uguale per tutti: il genio centenario o il pischello ripetente”.  Sovviene alla memoria il magistero di Ippocrate, padre della medicina greco-romana e quindi europea. Restano immortali di lui il Giuramento e gli Aforismi. Il primo si rivela uno scritto di elevatissima valenza etica, che testimonia il fondamentale rispetto della vita umana. Un patto tra medico e paziente. “…Mi asterrò dal creare danno o offesa al malato…”. L’Aforisma “…consolare sempre, alleviare spesso e talvolta guarire…” è splendido esempio di medicina umana. Su questi pilastri fondanti si sono basate e sviluppate per millenni la biomedicina e la chirurgia. Ora si vogliono ribaltare tale dettami. Platone, nelle Leggi, scriveva che esistono due specie di medici: quelli degli uomini liberi e quelli degli schiavi. I primi studiano i malati, lo tengono sotto osservazione, provando a condurli a guarigione; i secondi non ascoltano né danno prescrizioni ai pazienti. Sostituendo liberi con giovani e schiavi con vecchi (non è poi così esagerato e assurdo) l’eccelso filosofo di Atene ritorna di grande attualità.

Adelfio Elio Cardinale

(ITALPRESS).

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