Poco dopo fa ingresso una donna vestita di rosso (Adriana Palmisano), ha con sé una valigia e una scatola contenente i tesori di “Donna Prizzita” e tante, troppe, cose da dire.
Comincia un “cuntare” antico di donne e di vissuti: Sara, rubata alla gioventù dalla scelta egoistica di un uomo, Peppino, che non sapeva poi come farle fare dei figli, e allora a poco era valso l’atto virile di rubarsela se non si sanno le cose del mondo. Necessario dunque, l’intervento di quella “santa fimmina” di Donna Prizzita affinché Sara cominciasse a “sgravare” com’era dovere suo e di tutte le donne del suo tempo. Un primo racconto questo, tenero e ingenuo che profila appena l’importanza di Donna prizzita, dedita alla “sgravamento” di donne e “armali”.
Poi la storia di Angela, fatta di processioni belle e brutte, quella verso l’amore per un uomo già maritato a Dio e quella senza ritorno per la creatura che scoprì di portare indegnamente in grembo.
Lo sfondo si tinge di rosso per l’occasione, la clochard e la viaggiatrice ben mimano una scena che nessuna donna vorrebbe vivere e che pure, quando costretta, incontra spesso l’obiezione di coscienza.
Crudele e intensa si fa l’interpretazione della Palmisano che tiene alta l’attenzione del pubblico grazie alla sinergia con la Incudine che impreziosisce ogni scena con pregiati canti e musiche.
Sullo sfondo tornato bianco, sagome umane sembrano muoversi come pupi o burattini od omiinicchi.
Come rappresentare donne “murmuriate” per destini e scelte imposte loro senza scadere nella retorica dei luoghi comuni?
Rendendo ad esempio credibile e familiare a tutti la lingua sicula che l’attrice protagonista, Adriana Palmisano,ha padroneggiato per l’intera durata dello spettacolo, mantenendo sempre alta l’attenzione e la tensione emotiva del pubblico con fluenti cambi di registro nella voce e nel corpo, senza sbavature ed eccessi.
La sua presenza scenica è stata addolcita e resa materna dalla cantautrice Francesca Incudine che ha reso più “picciriddro” il pubblico cullandolo con musiche ora allegre ora strazianti; un debutto teatrale il suo, sorprendente quanto coerente con il suo grande talento.
Sapiente e meticolosa la regia di Sandro Rossino che ha saputo creare equilibrio scenico tra le protagoniste restituendo completezza di racconto dell’universo femminile.
Il pubblico dal canto suo, ha ben accolto la trasposizione teatrale di un testo che ha offerto e continuerà ad offrire particolari spunti di riflessione su donne e luoghi quali miscuglio di memoria, tradizioni e necessità di mutamento.
Ma questa, è un’altra storia ancora da esplorare e narrare in un viaggio appena iniziato a Leonforte, venerdì sera in anteprima nazionale, in occasione dell’apertura del XXXVII edizione del Premio Città di Leonforte, e destinato ad altre stazioni, attese e silenzi.
Lo spettacolo “Madonne d’ogni giorno” è prodotto da Giovanni D’Agostino, imprenditore a capo di Endì srl insieme all’associazione NCT Il Canovaccio che ne cura anche costumi e allestimento; adattamento teatrale di Gabriella Grasso e Sandro Rossino, distribuzione di Walter Amorelli, organizzazione generale Endì Srl.
Livia D’Alotto