Calascibetta. Xibetano denunciò Umberto Bossi che aveva offeso il Presidente Napolitano

umberto bossiCalascibetta. Che alcuni leghisti avessero un linguaggio molto colorito, soprattutto nei riguardi dei meridionali, definendo quest’ultimi dei “terùn”, è stato più volte riscontrato. Ma se l’insulto viene rivolto al Capo dello Stato, i guai possono essere dietro l’angolo. É quello che è successo al leader storico del Carroccio, Umberto Bossi, condannato in primo grado dal tribunale di Bergamo a un anno e sei mesi per vilipendio all’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. I fatti risalgono al 29 dicembre del 2011, durante la “Berghem frecc”, il raduno invernale della Lega Nord tenutosi ad Albino, quando Bossi, durante il comizio serale, ne combina una delle sue: accenna il gesto delle corna con la mano destra mentre parla di Napolitano, lo definisce “terùn”, dopodiché insulta alcuni membri del Governo Monti. “Monti lo sa che molti allevatori si sono impiccati? Questi “coglionazzi” del governo lo sanno?”, aveva tuonato dal palco Bossi. E poi: “Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica”, esibendo il gesto delle corna. “Napolitano, Napolitano, nomen, omen, non sapevo fosse un terùn”. Insulti vergognosi che fecero indignare seriamente alcuni cittadini. Tra loro anche un siciliano, Claudio Cardillo, residente a Calascibetta, un “terùn”, come direbbero al nord del Paese, che, presa carta e penna, fece subito un esposto alla Procura della Repubblica di Bergamo denunciando il leader della Lega Nord, un movimento politico nato per contrastare “Roma ladrona”, ma trovato alcuni anni fa, per colpa di qualche suo esponente, con le mani nella “marmellata”. L’altro ieri, a seguito della sentenza di primo grado, Claudio Cardillo ha spiegato: “Il rispetto per le Istituzioni è sacrosanto. Rifarei l’esposto anche se a sbagliare fosse stato un politico o un semplice cittadino del meridione”. Anche in altre occasioni Bossi ha usato frasi poco eleganti. A Venezia, qualche anno fa, durante il raduno annuale della Lega Nord, rivolgendosi alla signora Lucia Massarotto, che esponeva il tricolore dalla sua finestra, le disse: “Signora, la bandiera la pianti nel cesso”. Uno stile politico per niente sobrio che, questa volta, ha giocato un brutto scherzo al leader del Carroccio. E ironia della sorte, tra i primi esposti giunti nel 2012 alla Procura di Bergamo anche quello dello xibetano Claudio Cardillo. Un terùn, affermerebbero probabilmente alcuni leghisti, ma rispettoso delle Istituzioni, oltretutto fortemente convinto nel dire che l’unificazione dell’Italia, raggiunta dopo tanti sacrifici umani, non riguarda solo poche regioni del Nord.

Francesco Librizzi