In venti anni circa la Di Dio ha prodotto tanto da collezionare premi su premi e per la romanzistica come per le raccolte di novelle dalle quali sono stati realizzati vari cortometraggi televisivi e per le poesie (Canto Andaluso) di piacevole e dolce lettura.
“Donne di Sabbia” è uno scritto che mostra la meticolosità della ricerca degli ambienti e delle situazioni descritte che portano a pensare che il soggetto sia stato quasi vissuto in prima persona dando al romanzo una cogenza di attualità intima difficile da trovare nel romanzo moderno.
Una storia dell’oggi ambientata in un centro per pazienti in stato vegetativo ove è dialogico il rapporto tre una madre e la sua creatura che parla e vive in lei per allontanare il pensiero di un cervello ormai esaurito e dunque di un corpo vivo di fatto ma non nella realtà umana.
Soggetto straziante che nella rievocazione dei ricordi che affiorano nella mente materna trova la via per quasi santificare od a volte esorcizzare il passato che la protagonista sa non avere futuro.
L’autrice non indulge al tragico che è nelle cose del racconto, si limita entrando ed uscendo dal personaggio a storicizzarle quasi a sembrare che chi scrive non voglia credere a ciò che accade per non lasciarsene travolgere. Redatto in un apprezzabile italiano pur nella modernità delle espressioni il romanzo si legge di un fiato e lascia stupiti per un fatto che pur accadendo oggi e molte volte, fa vedere non il dramma dello stato vegetativo ma quello di chi assiste al disfacimento della propria creatura ed a tutto ciò che esso comporta in chi sopravvive.
Romanzo che continuerà a collezionare premi perché quasi unico nella struttura e nella modalità di svolgimento, che accultura e sensibilizza ad accadimenti ahimè oggi non rari. Da leggere.
Giuseppe Grimaldi