Circa il 40% dei nuovi casi è ascrivibile a individui nati fuori dai confini nazionali: i paesi con più alta endemia sono i paesi asiatici, come Cina e Filippine, e quelli dell’Africa Sub Sahariana.
Appena terminati i lavori del più grande Congresso Nazionale di infettivologi, la notizia è stata la valorizzazione dei contributi scientifici, anche oltre Ebola, perché di malattie infettive se ne parli tutto l’anno e non solo in occasione di pandemie o di giornate dedicate come quella sull’Aids del 1 Dicembre prossimo.- sottolinea Massimo Andreoni Presidente Simit – Abbiamo poi dato spazio ai giovani ricercatori, dando loro la possibilità di esposizione orale ed attribuendo premi speciali ai lavori migliori. E tra le priorità certo resta l’Epatite e i nuovi farmaci per l’eradicazione di alcune sue forme.
IL CONGRESSO – Temi trattati durante il XIII Congresso Nazionale della SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, la scorsa settimana a Genova. Il congresso, che conta circa mille delegati provenienti da tutta Italia, ha affrontato due emergenze in particolar modo: una verifica sulla situazione d’emergenza riguardante l’Ebola, e una discussione sui batteri “cattivi”, che risultano particolarmente resistenti, per colpa dei quali la sanità internazionale sta rischiando di perdere la sfida sul fronte degli antibiotici. L’approccio del paziente affetto da patologie epatiche, di interesse internistico ed infettivologico, è – e deve essere – “globale”, perché non si limita alla cura della singola patologia in atto ma si estende alla valutazione di tutti i fattori in grado di migliorare, o peggiorare, lo stato funzionale del paziente.
LE TERAPIE DI OGGI – L’Epatite B è attualmente affrontabile con due tipi di terapie: l’interferone e altri farmaci che vengono somministrati per tempi più lunghi, anche per tutta la vita. Entrambe hanno lo scopo di indurre la condizione di portatore inattivo, pur senza vincere l’infezione. Gli approcci sono diversi: l’interferone ottiene questi risultati nel 20% dei pazienti per una terapia limitata nel tempo; i farmaci antivirali, invece, devono essere somministrati per tutta la vita. In altri termini, entrambe bloccano il virus, ma non permettono la guarigione, e non riescono a limitare il rischio di cancro al fegato. Entrambe le terapie, rimborsate dal Sistema Sanitario Nazionale, costano 5-6mila euro l’anno a paziente.
Lo Specialista epatologico ed infettivologico – prosegue Mauro Sapienza Direttore dell’U.O.C. Medicina Interna e Medicina delle Migrazioni dell’”Ospedale “Umberto I” di Enna Responsabile Scientifico dell’ASET-ONLUS (Associazione Siciliana Epatopatie e Trapianti) – rappresenta, pertanto, all’interno di una struttura ospedaliera e nel territorio, una sicura garanzia non solo e semplicemente a tutela di patologie complesse endemiche od epidemiche da sempre pericolosamente presenti in ambito comunitario (epatiti da virus epatotropi maggiori quali HCV, HBV e HAV, epatopatie alcoliche, autoimmuni e metaboliche), ma essa è anche fondamentale baluardo contro una serie di “nuove” patologie che si embricano strettamente con altre branche specialistiche (Chirurgia Generale, Trapiantologia, Gastroenterologia, Geriatria, Cardiologia, Infettivologia, ecc.).
In Sicilia, da circa un anno, – riferisce Sapienza – è operativa una rete , di tipo Hub & Spoke , finalizzata ad integrare un modello di comunicazione capillare per rendere più efficace ed efficiente il trattamento dell’ epatite cronica e della cirrosi da virus C. Grazie alla rete sarà possibile conoscere i percorsi diagnostici e terapeutici definiti dal documento tecnico e dalle linee guida regionali previsti dall’Assessorato alla Salute della Regione Siciliana. La Responsabilità Scientifica è affidata al Prof. Antonio Craxì dell’Università di Palermo e coordinata dal Dott. Fabio Cartabellotta dell’Ospedale Buccheri la Ferla di Palermo. Il Sistema , condiviso da Epatologi, Infettivologi, Gastroenterologi ed Internisti è molto apprezzato perché offre uno strumento in più per meglio organizzare l’assistenza ai pazienti affetti da infezione virale cronica, oggi considerata un problema di salute pubblica rilevante in Sicilia, dove risiedono circa 20 mila cittadini con diagnosi di epatite croca che necessitano di un trattamento adeguato.
La condivisione dello Specialista Ospedaliero con il Medico di Medicina Generale (che opera capillarmente sul territorio), garantisce ai pazienti il coordinamento clinico a domicilio, attraverso attività di aggiornamento ed approfondimento appositamente organizzate, di contatti telefonici o via E-Mail in merito a particolari quesiti clinici, oppure attraverso l’eroga-zione di prestazioni ambulatoriali (in regime di ricovero ordinario Day-Service e Day-Hospital) o, laddove indispensabile e possibile, la consulenza specialistica domiciliare ai pazienti.
Per quanto attiene, poi, alle Malattie Croniche (spesso con assenza di manifestazioni cliniche, come nel caso di quelle virali epatiche), si rende necessaria l’attuazione di un programma di screening volto ad identificare precocemente i casi non complicati. E, per quanto riguarda la cosiddetta “domiciliarizzazione” delle cure, ed in particolare per quelle che interessano il fegato, essa è oggi patrimonio culturale comune a tutti, tanto da potere essere considerata un vero e proprio pilastro dell’organizzazione dei Servizi Sanitari e Sociali: ciò è ancora più vero se si considera che in tempi recenti le strutture ospedaliere si sono sempre più caratterizzate per interventi altamente specialistici ed intensivi erogati in tempi molto contratti, ma con effetti non sempre ottimali sulla stabilizzazione del quadro clinico. Pertanto, si è necessariamente proceduto al ridimensionamento numerico dell’ospedalizzazione dei pazienti cronici a basso impatto clinico assistenziale.
Attualmente, le linee-guida in rapporto alla situazione epidemiologica italiana indicano come lo screening vada attuato soprattutto su determinate categorie a rischio, e come esso comporti la centralità della figura del Medico di Medicina Generale e di alcuni Specialisti che devono diventare i protagonisti di questa politica di case finding.
In particolare, per “gruppi ad alto rischio”, in ambito epatologico, infettivologico ed internistico, si intendono: a) Immigrati provenienti da paesi ad alta endemia; b) Tossicodipendenti, anche per via endonasale; c) Detenuti; d) tatuati; e) Soggetti con partners sessuali multipli, o con storia di malattie sessualmente trasmesse; f) Persone con Infezione da HIV; g) emodializzati; h) Soggetti con ipertransaminasemia persistente o con evidenza di HCC e/o cirrosi epatica; i) Partner sessuali di persone HCV/HBV/HIV positive; l) Operatori Sanitari; m) viaggiatori in zone di elevata endemia; n) Persone che abbiano ricevuto trattamenti per via intramuscolare o procedure invasive mediche od odontoiatriche in aree a basso standard di sterilizzazione; o) emotrasfusi o trapiantati d’organo prima del 1992; p) emofilici che abbiano ricevuto emoderivati prima del 1987; q) Gravide; r) Neonati da Madri infette; s) Soggetti che per malattie neoplastiche, ematologiche, autoimmuni, o sottoposti a trapianto d’organo, siano candidati a terapie con farmaci immunosoppressivi; t) Obesi, diabetici , ipertesi e plurimetabolici.
Da tutto quanto detto, emerge, quale importante considerazione, il forte impatto sociale che le malattie epatiche di interesse infettivologico ed internistico comportano, con un livello di “sommerso” particolarmente elevato che costituisce un serio problema per la Sanità Pubblica, sia in termini di morbilità che di mortalità. Da ciò deriva che, nei Distretti Sanitari delle ASP, ed in particolare presso i Poliambulatori territoriali o PTA (Presidi Territoriali di Assistenza) di nuova istituzione, sarebbe oltremodo utile implementare la collaborazione con i Medici di Medicina Generale, i SeRT, le Amministrazioni Penitenziarie e le altre branche specialistiche al fine di condividere percorsi assistenziali e multidisciplinari per la gestione dei pazienti in argomento. E dove tale collaborazione si è realizzata, e l’esperienza si è già consolidata, si è visto un incremento numerico dei pazienti che sono stati indirizzati all’Ambulatorio Specialistico.
L’ obiettivo finale sarebbe quello di coinvolgere e sensibilizzare al fine di realizzare un flusso per l’identificazione dei pazienti con malattie croniche, e soprattutto con riferimento a quelle epatiche virali, per indirizzarli infine alla gestione multidisciplinare.
In quest’ambito si inserisce il ruolo del volontariato sanitario ed, in particolare, di una nuova Associazione di Volontariato che opera nel territorio, l’A.S.E.T. (Associazione Siciliana Epatopatie e Trapianti), presieduta dal Giornalista Giuseppe Petralia ed il cui Responsabile Scientifico è lo stesso Mauro Sapienza; L’A.S.E.T. fa parte anche nel Comitato Consultivo dell’ASP di Enna e de altre Aziende Sanitarie Siciliane.
TERAPIE SPERIMENTALI DELL’EPATITE – “I nuovi farmaci, invece, sono ancora in fase di sperimentazione – spiega il Prof. Massimo Puoti di Milano, Direttore Reparto Malattie Infettive Ospedale Niguarda di Milano e infettivologo Simit – La scoperta del recettore del virus dell’epatite B consente di avere delle cellule in vitro che acconsentirebbe alla sperimentazione di nuove tecniche curative definitive. Queste nuove metodologie bloccano l’ingresso del virus nella cellula, creano una situazione di inibizione, mentre altri farmaci aiuteranno a reagire ad altri livelli, bloccando la sintesi del virus. Non sarà una vera e propria cura microbiologica, ma una cura a livello funzionale. Nessuna idea, al momento, sui costi. Basterà una compressa al giorno, ma ci vorranno almeno 4-5 anni per stabilirne la certezza della sua efficacia. La nuova terapia, studiata da Stephan Urban, potrebbe durare soltanto dai 3 ai 6 mesi”.
I DATI IN ITALIA DELL’EPATITE B – La vaccinazione obbligatoria per tutti i nati dopo il 1979, che non assicura comunque l’eliminazione del rischio nel 100% dei casi, ha provocato in Italia un forte decremento. I nuovi casi si sono verificati in persone che provengono da Paesi dove tale vaccinazione non è obbligatoria e c’è un’alta frequenza di infezione. Circa il 40% dei nuovi casi è di persone straniere, o immigrate in Italia o nate fuori dai confini nazionali: i Paesi con più alta endemia sono i paesi asiatici, come Cina e Filippine, e quelli dell’Africa Sub Sahariana. L’epatite, quando non trattata, riduce la durata della vita perché può indurre la cirrosi epatica e il cancro del fegato. Ancora grosse le difficoltà di combattere quest’ultimo rischio, che colpisce ogni anno il 4% dei pazienti con cirrosi epatica.
COME SI TRASMETTE – L’Epatite B si trasmette con il sangue e con i rapporti sessuali non protetti. L’infezione da epatite B ha una capacità di contagio dieci volte maggiore rispetto a quella da Hiv. Si consiglia di effettuare il vaccino per una maggiore sicurezza per i nati prima del 1979, per gli operatori sanitari e per tutti i soggetti a rischio.
L’EPATITE C – “Secondo gli studi effettuati nell’ultimo anno – proseguono gli infettivologi Simit – l’azione di più farmaci ad azione antivirale diretta ha comportato percentuali di guarigione finora neanche lontanamente immaginabili, pari a circa il 100% dei casi: un evento che in medicina accade raramente. Sono farmaci che, usati congiuntamente, bloccano il virus e i suoi meccanismi di replicazione. Una volta eliminato il virus, il soggetto guarito potrebbe infettarsi con un altro ceppo solo ponendosi a rischio di un nuovo contagio. Tutte le terapie sono ormai approvate in America, mentre in Europa si attende il via libera per due di esse. Non hanno controindicazioni. L’unico problema è che i costi saranno molto elevati, pari a circa 40mila euro per tre mesi di terapia, che potrebbero diventare sei per alcuni soggetti. Il rimborso del Sistema Sanitario Nazionale inizialmente sarà probabilmente previsto per i pazienti con malattia in stadio più avanzato”.
A conclusione del quadro tracciato è ragionevole ritenere che l’utilizzo di strumenti di divulgazione (Mass Media, convegni, corsi di formazione, mini-meeting) che si basino fondamentalmente sulla collaborazione tra Specialisti Ospedalieri Epatologi ed i Medici di Medicina Generale, possa dare risultati eccellenti, permettendo così di impostare programmi di prevenzione della trasmissione, di follow-up clinico-laboratoristico e di trattamento specifico per alcune malattie di non comune riscontro nella pratica clinica, nell’ottica di migliorare la gestione olistica dei pazienti.