Jazz sotto la pioggia
Calascibetta - 02/02/2014
Nel caldo e accogliente auditorium comunale di Calascibetta sabato sera, all’interno della rassegna “sulle ali del jazz”, si è esibito il Camarillojazzclub. Emanuele Primavera con il quartet di pianoforte di Seby Burgio, chitarra di Fabrizio Brusca, contrabasso di Carmelo Venuto e batterie dello stesso Emanuele Primavera ha eseguito pezzi in stile swing, “arabeggiante”, melodico e travolgente. Essendo la scrivente una profana della musica graffiante e estraniante che il jazz sa produrre mi si perdoneranno, spero, le gravi lacune tecniche. La musica composta da Emanuele, tranne per un omaggio a Joe Henderson, schiacciava sulle comode poltrone gli ascoltatori, dimentichi della nebbia e della fitta pioggia che fuori continuava a imperversare, indifferente all’arte di Euterpe. Il suono arrivava agli astanti intenso, a volte frammentato, a tratti oscuro e in alcuni momenti profondo. A Clara si levava la delicatezza delle note di Serenity intrise di una tenerezza carezzevole del pezzo di chiusura. Una ninna nanna jazz, individuale ma partecipata da tutto il gruppo: giovani uomini logorroici nel suono e impacciati nella parola, al limite della simpatica goffagine. Il jazz per taluni è solo musica ballabile, come un valzer di Strauss, per altri è un mero esercizio coreografico per talentuosi accademici, poco importano nomi come Duke Ellington o Jo Privat. Molti lo intendono come un modo per assaporare la vita e c’è anche chi urla di gioia sentendo un assolo di batteria, comunque sia. Per alcuni è da intendere come una forma di snobismo, le belle menti amano atteggiarsi elegantemente cullati da quelle note stridule e ai più incomprensibili. Il jazz è però anche provocazione, anticonformismo, violenza e ribellione le sue radici affondano nella rabbia dei neri schiavizzati dal bianco colonizzatore. Gli schiavi afroamericani e indonesiani suonarono le prime note blues, cantavano per alleggerire il lavoro dei campi. Bebop e free jazz hanno poi sperimentato l’emancipazione totale del musicista dai canoni convenzionali fino allo stile main stream, acid e smooth jazz. Io il jazz non lo capisco però mi piace… mi pare la degna conclusione di una sprovveduta ascoltatrice di jazz che in una notte d’inverno si imbattè in un gruppo appassionato di giovani cantori dell’antica libertà.
Gabriella Grasso