Enna. Giornata Unità Nazionale “occasione per riflettere”

Con la tradizionale parata, la consegna delle onorificenze e la santa messa, è stato celebrato il giorno dell’Unità nazionale e la Giornata delle Forze armate.

L’organizzazione della Prefettura di Enna ha pensato ad ogni particolare in ricordo del 4 novembre 1918, giornata in cui entrò in vigore l’armistizio o patto di Villa Giusti, con cui il giorno precedente i delegati austriaci firmarono la resa per la fine del primo conflitto mondiale.

Ieri mattina il plotone dei carabinieri del Comando Provinciale di Enna in grande uniforme speciale ha aperto la parata che, partita dalla caserma dei carabinieri, è giunta a Lombardia dinanzi il monumenti ai caduti dove il prefetto Clara Minerva ha posto una corona d’alloro alla presenza di tutte le forze dell’ordine, delle autorità civili e delle associazioni combattentistiche e d’arma. Emozionante l’alza bandiera ed il momento in cui l’inno d’Italia è stato cantato da una rappresenta di alunni della scuola “S. Chiara” e “Neglia”. Una buona partecipazione è stata registrata nei cittadini nonostante la giornata non proprio clemente ed i presenti hanno apprezzato l’intervento del predetto dinanzi il monumento dei caduti.
Il 4 novembre, ha infatti detto il prefetto Minerva, “significò un’esperienza di profondo dolore per le tante numerosissime vittime che perirono durante il sanguinoso conflitto e al tempo stesso rappresenta una tappa fondamentale nel processo di unificazione del nostro Paese”; ecco perchè, ha aggiunto il prefetto, “va vissuto quale occasione per riflettere con convinzione sulle ragioni profonde che danno un senso al nostro stare insieme come Nazione in un’Europa non più in guerra ma unita su una base comune di valori democratici”.

Nel suo discorso il prefetto ha fatto cenno del difficile momento di crisi economica e dell’annoso problema dell’indebitamento pubblico dell’Italia e della Sicilia. “Occorre uno scatto d’orgoglio, la disponibilità a mettersi in gioco in prima persona, a dare l’esempio, a dimostrare la qualità delle proprie risorse, umane, morali, sociali, imprenditoriali, risorse che non mancano alla Comunità di questa provincia” ha auspicato il prefetto Minerva che ha rivolto un pensiero “ a tutti coloro che operano ogni giorno silenziosamente, con efficienza, competenza e spirito di sacrificio, per la sicurezza e la libertà di ciascuno”.

Incisiva anche l’omelia del vescovo Michele Pennisi: “L’unità nazionale per essere effettiva deve affrontare con decisione le questioni irrisolte del divario tra nord e sud del Paese a partire dalla questione cruciale dell’occupazione” esprimendo, poi, “la nostra riconoscenza a quanti, militando nelle forze armate e di polizia affrontano ogni giorno il pericolo per difendere la legalità, garantire la sicurezza dei cittadini, tutelare la giustizia e la pace”.

 

Le onerificenze
La giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate è proseguita, dopo la parte commemorativa, in Prefettura dove è stata inaugurata la “Sala Unità d’Italia” allestita per l’occasione con l’aiuto degli studenti e docenti del Liceo Artistico di Enna. Qui sono stati posizionati ventitre manifesti celebrativi che hanno fatto da cornice durante la consegna delle onorificenze. Il Prefetto ha inizialmente ricordato il poliziotto Pino Scravaglieri, originario di Catenanuova, vittima del terrorismo, rimasto ucciso a Roma il 14 febbraio 1987 nel corso di un attentato.

Una medaglia d’oro conferita dal Presidente della Repubblica e ritirata dal padre Sebastiano Scravaglieri che con gli occhi lucidi ha ringraziato il Prefetto con cui si è intrattenuto ricordando la memoria del figlio.
Gli altri riconoscimenti sono andati al “Grande Ufficiale” Carmelo Bonarrigo, preside di Troina in pensione; al “Commendatore” Simone Fusto, pensionato presidente dell’Associazione Anps Polizia di Stato; all’ “Ufficiale” Biagia Di Mattia, pensionata ex Direttore Patronato Inca-Cgil; e ai “Cavalieri” Baldassare Daidone – Tenente Colonnello dei Carabinieri, comandante provinciale dei carabinieri -, al Maggiore Nicola Pio Michele Ferrucci – maggiore dell’Arma dei carabinieri – e al sovrintendente Capo Polstato, Francesco Giummo.
Nei volti dei premiati tanta emozione, ma anche l’orgoglio per un riconoscimento che premia il loro operato volto sempre a favore dei cittadini.


INTERVENTO DEL PREFETTO DI ENNA CLARA MINERVA
Autorità civili, militari e religiose, rappresentanti delle associazioni combattentistiche,cittadini, è con grande emozione che oggi ci ritroviamo tutti insieme in questa Piazza dinanzi al Monumento dei Caduti per rinnovare la celebrazione del 4 novembre,è presente anche una gradita e significativa rappresentanza delle scuole elementari ed in particolare:
Il Coro degli alunni dell’Istituto comprensivo S Chiara di Enna.
Il 4 novembre segna la fine del drammatico primo conflitto mondiale, che significò un’esperienza di profondo dolore per le tante numerosissime vittime che perirono durante il sanguinoso conflitto e al tempo stesso rappresenta, come ho avuto modo di sottolineare in altre occasioni, una tappa fondamentale nel processo di unificazione del nostro Paese del quale dobbiamo sempre tener presente il valore e di cui dobbiamo sentirci protagonisti ogni giorno.
Per questa ragione il 4 novembre non va vissuto soltanto come momento commemorativo di un passaggio importante della nostra storia di cui dobbiamo avere piena consapevolezza, ma soprattutto quale occasione per riflettere con convinzione sulle ragioni profonde che danno un senso al nostro stare insieme come Nazione in un’Europa non più in guerra ma unita su una base comune di valori democratici,ponendo l’accento sul senso di responsabilità che ciascuno di noi deve sviluppare per contribuire all’affermazione e alla tutela dei valori fondanti della nostra Costituzione: solo in questo modo possiamo dare profondo significato alla giornata dell’Unità nazionale. La riflessione odierna cade in un momento molto delicato per il nostro Paese e per la Regione Sicilia a causa della crisi economica, dell’annoso problema dell’ndebitamento pubblico che non è più sostenibile anche a fronte degli impegni comunitari, per la gravità dei problemi di chi è senza lavoro, per i giovani che vedono il proprio futuro incerto, per i genitori in ansia per i figli, per l’ affievolimento dell’etica dei comportamenti pubblici e privati, per il pauroso declino del solidarismo civico, del senso di legalità. Occorre uno scatto d’orgoglio, la disponibilità a mettersi in gioco in prima persona, a dare l’esempio, a dimostrare la qualità delle proprie risorse, umane, morali, sociali, imprenditoriali, risorse che non mancano alla Comunità di questa provincia , come ho avuto occasione tante volte di apprezzare fin dai primi giorni del mio insediamento e com’è testimoniato ulteriormente, se c’è ne fosse bisogno, dal fatto che più tardi, nella mattinata odierna, dopo la Santa Messa che sarà celebrata al Sacrario,avrò il piacere di consegnare a Palazzo del Governo, in una nuova sala allestita per l’occasione con l’aiuto dei ragazzi e docenti del Liceo Artistico di Enna che ringrazio pubblicamente, alcune onorificenze riconosciute a donne e uomini di questa terra che hanno saputo distinguersi per senso del dovere, per generosa operosità, dando lustro a questa nostra provincia. Consegnerò tra i riconoscimenti una medaglia d’oro conferita dal Presidente della Repubblica al congiunto di un poliziotto originario di Catenanuova, Pino Scravaglieri, vittima del terrorismo, rimasto ucciso a Roma il 14 febbraio del 1987 nel corso di un vile attentato. Vi è un filo conduttore molto evidente tra la cerimonia, che seguirà, delle consegna delle onorificenze a cittadini meritevoli e la ricorrenza del 4 novembre che ci rammenta il contributo determinante con cui le Forze Armate hanno sempre saputo dar forza, ovunque si siano trovati ad operare, ai valori di pace, di solidarietà, di democrazia su cui si fonda la nostra identità nazionale. Rispetto al 1918, lo scenario è mutato profondamente, i nostri militari sono ora chiamati a combattere per garantire la pace e tutelare la libertà e democrazia in Paesi lontani. Ovunque essi sono presenti costituiscono un esempio apprezzato, un motivo d’orgoglio per il Paese, un modello di capacità, di senso del dovere e di professionalità. Per l’ammirevole capacità di interpretare la nostra tradizione di civiltà, la nostra cultura della pace e di affermazione dei diritti umani in tutte le pericolose missioni in Libano, in Somalia, nei Balcani, in Iraq, in Afghanistan, a tutti i soldati italiani, in questa giornata di festa, va il mio pensiero solidale, il mio affettuoso saluto e gratitudine. Ma il mio pensiero va anche a tutti coloro che operano ogni giorno silenziosamente, con efficienza, competenza e spirito di sacrificio, per la sicurezza e la libertà di ciascuno, vorrei citare tra i tanti soggetti istituzionali le Forze dell’Ordine, i Corpi di polizia locali,il Corpo dei vigili del Fuoco e le Associazioni combattentistiche e volontarie,ad essi va il nostro più convinto ringraziamento e l’augurio sincero di sempre maggiori traguardi al servizio della Nazione. Desidero, infine, chiudere questo intervento rivolgendo un pensiero commosso al giovane caporale Tiziano Chierotti, caduto pochi giorni or sono in Afghanistan in uno scontro a fuoco. In memoria di questo lutto e di tutte le vittime delle forze armate e delle Forze dell’ordine che hanno perso la vita operando per la difesa della democrazia e della sicurezza internazionale desidero inviare da questa piazza un messaggio di rispettoso omaggio ai nostri militari di ieri e di vicinanza ai caduti di oggi e alle loro famiglie convinta che il senso di questa commemorazione possa essere fruttuosamente raccolto dalle nuove generazioni cui va il compito di rappresentare la continuità di quegli ideali che sono alla base della nostra cultura e civiltà.


INTERVENTO DEL VESCOVO DELLA DIOCESI MONS.MICHELE PENNISI
Siamo riuniti quest’oggi in questo sacrario dei caduti per celebrare nel 94° anniversario della fine della grande Guerra la Festa dell’Unità nazionale e delle Forze Armate e ricordare tutti i caduti di tutte le guerre, su tutti i fronti. Il 4 novembre del 1918 terminava la Prima Guerra Mondiale, che vedeva molti Stati schierati gli uni contro gli altri in un conflitto che in quattro anni causerà la morte di parecchi milioni di persone fra cui 670.000 italiani senza contare i feriti e i mutilati. Era il 1° agosto 1917 quando il Papa di allora, Benedetto XV, definì la guerra in corso una “inutile strage”. Si trattò della “Grande Guerra” come venne definita prima che se ne potesse immaginare una seconda, che scoppierà appena 21 anni dopo, ed avrà esiti ancor più disastrosi. Oggi noi ricordiamo l’enorme sacrificio di esseri umani che la prima grande guerra – così come tutte quelle che l’hanno preceduta e poi seguita – ha portato con sé e ci vogliamo impegnare ad essere ogni giorno costruttori di pace. Questa Festa ci offre l’occasione per festeggiare l’unità nazionale raggiunta a prezzo di sacrifici di tante persone che rimane un bene da salvaguardare , nel rispetto delle legittime autonomie locali. L’unità nazionale per essere effettiva deve affrontare con decisione le questioni irrisolte del divario tra nord e sud del Paese a partire dalla questione cruciale dell’occupazione e delle reti di comunicazione che rischiano di aumentare l’isolamento delle regioni meridionali e di pregiudicare il loro sviluppo futuro in vista dell’allargamento dell’area di libero scambio. La questione meridionale rimane ancora, una “questione nazionale” e “una questione etica” che implica la responsabilità di tutto il Paese.
Oggi oltre a pregare per il bene comune della nostra Patria e commemorare i tutti i caduti di tutte le guerre e degli atti di violenza, vogliamo esprimere la nostra riconoscenza a quanti, militando nelle forze armate e di polizia affrontano ogni giorno il pericolo per difendere la legalità, garantire la sicurezza dei cittadini, tutelare la giustizia e la pace. La giustizia e la sicurezza di tutti i cittadini deve essere garantita da chi è preposto a garantire l’ordine pubblico ed amministrare la giustizia contando nella collaborazione e nella stima di tutti i cittadini onesti. L’ideale che deve costantemente animare le forze armate e i corpi di polizia è quello di essere “artefici di pace mediante l’esempio di magnanima dedizione al dovere, di imparziale tutela della legalità, di coraggiosa difesa dei diritti del cittadino, specialmente del più debole ed inerme”. Il beato Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo delle Forze Armate disse ai militari provenienti da tutto il mondo: “Voi lottate ogni giorno contro la violenza e le forze disgregatrici del male presenti nel mondo: siete chiamati a difendere i deboli, a tutelare gli onesti, a favorire la pacifica convivenza dei popoli. A ciascuno di voi si addice il ruolo di sentinella, che guarda lontano per scongiurare il pericolo e promuovere dappertutto la giustizia e la pace”. La pace è fondamentale diritto dell’uomo. Non si può ottenere senza la tutela dei beni delle persone, senza la libera comunicazione fra gli esseri umani, senza il rispetto della dignità dei singoli e dei popoli, soprattutto senza un’instancabile ricerca e salvaguardia della giustizia che trova il suo completamento nell’amore. La Parola di Dio di questa Domenica ci propone, come motivo principale della nostra meditazione, il primo fondamentale comandamento per l’antico Israele e per il nuovo Israele, che è la comunità dei credenti, nata dalla morte in Croce e Risurrezione di Gesù Cristo, unico salvatore del mondo. Un tale chiede a Gesù quale sia il primo di tutti i comandamenti. Riceve questa risposta: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Dio è il primo. Deve occupare nella nostra vita il posto che gli compete. Non vi può essere altra cosa prima di lui. Un primo posto che non può essergli usurpato da nessuno. Purtroppo, non è sempre così, anche nella vita del credente. Cè il pericolo anche per i cristiani di un ateismo pratico, un secolarismo interno alla vita dei credenti, che ci fa vivere come se Dio non esistesse. L’amore verso Dio comincia dal nostro dovere di ascoltarlo. È la prima parola, che precede i comandamenti: “Ascolta”. Richiede impegno e attenzione nei confronti della parola di Dio. Per amare una persona bisogna prima conoscerla e ascoltarla. Ciò vale anche nei confronti di Dio. Più lo conosceremo, più ci renderemo conto di quanto merita di essere amato, al di sopra e prima di tutte le cose. Gesù aggiunge nella sua risposta: “E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. L’apostolo Giovanni in una sua lettera chiede al cristiano. “Come fai tu a dire di amare Dio che non vedi, se non ami il prossimo tuo che vedi?”. E in realtà amare Dio potrebbe sembrare più comodo e più facile, mentre il nostro prossimo si presenta, il più delle volte, scomodo e ben poco attraente. Spesso è povero e bisognoso, malato o vecchio, egoista e ingrato. Eppure proprio in lui si identifica quel Dio che siamo chiamati ad amare. Per Cristo, dimensione verticale (Dio) e orizzontale (prossimo) sono inestricabili, si incrociano e si vivificano reciprocamente e costituiscono, in tal modo, l’essere cristiano completo e genuino. Gesù ha detto: “Ciò che avete fatto ad uno di loro, piccoli e poveri, l’avete fatto a me”. Ecco perché il secondo comandamento è simile al primo. Sono complementari ed esigono di essere osservati insieme, mai l’uno senza l’altro. Quanto e come dobbiamo amare Dio? La risposta di Gesù è molto chiara: “Con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Esse esigono, infatti, un’attuazione che coinvolga cuore, cioè coscienza, anima, pensiero e azione dell’uomo, in altre parole il “te stesso” totale: cuore anima e mente. Amare Dio non è una regola che si impone dall’esterno, come un dovere appreso a forza di castighi. È piuttosto la logica conseguenza dell’esperienza ripetuta di sentirsi amati, il frutto del vedersi avvolti nel tenero abbraccio di Dio. Gesù afferma che questo amore vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici che l’uomo può dedicare a Dio. La conseguenza della osservanza del comandamento dell’amore è la pace che Gesù dona ai suoi discepoli. La pace definitiva di Gesù, frutto dell’amore che abbatte i muri della divisione tra le razze e le culture, è diversa dalla fragile e parziale pace del mondo imposta con la forza brutale, con la sopraffazione o con la furbizia. Nel magistero dei Papi del XX secolo la ricerca della pace è venuta apparendo sempre più come un aspetto essenziale del dialogo della Chiesa con gli uomini del nostro tempo, un importante banco di prova della testimonianza di carità che la Chiesa ha da dare al mondo, un contenuto non secondario dello stesso annunzio cristiano. Il prossimo anno ci prepariamo a celbrare il cinquantesimo anniversario della lettera enciclica “Pacem in Terris” del beato Giovanni XXIII, preoccupato del potenziale distruttivo dell’arsenale atomico e della gara delle grandi potenze ad aumentarlo. La pace per Giovanni XXIII poggia idealmente su quattro colonne: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà. Paolo VI, da parte sua, nel suo magistero insistette molto sulla pace come condizione di ogni possibilità di sviluppo. Lo sviluppo era, per lui, il nuovo nome della pace. Paolo VI istituì il Pontificio Consiglio di Iustitia et Pax, di cui mi onoro di far parte, e prese l’iniziativa della Giornata mondiale della pace, all’inizio di ogni anno, a partire dall’anno 1968. Il Beato Giovanni Paolo II, ha richiamato le persone di buona volontà a riflettere sui vari aspetti di una ordinata convivenza, alla luce della ragione e della fede, richiamandosi al diritto naturale come base oggettiva e universale. Papa Benedetto XVI ha continuato la tradizione dei suoi predecessori e in questi anni nei messaggi per la Giornata mondiale per la pace. Nel primo messaggio egli ha scritto che “Il nome stesso di Benedetto, che ho scelto il giorno dell’elezione alla Cattedra di Pietro, sta ad indicare il mio convinto impegno in favore della pace. Ho inteso, infatti, riferirmi sia al Santo Patrono d’Europa, ispiratore di una civilizzazione pacificatrice nell’intero Continente, sia al Papa Benedetto XV, che condannò la Prima Guerra Mondiale come “inutile strage” e si adoperò perché da tutti venissero riconosciute le superiori ragioni della pace. Questi appelli dei Sommi Pontefici si devono tradurre in scelte operative, in progetti politici ed umanitari per educare alla pace individui, comunità e nazioni, per costruire una vera cultura di pace, premessa indispensabile per una effettiva civiltà dell’amore a vantaggio di tutta l’umanità. Oggi mentre esprimiamo il più vivo apprezzamento per tutti coloro che sono al servizio della Patria con continua dedizione e generoso impegno , in questa celebrazione eucaristica, vogliamo rendere omaggio a tutti coloro che hanno fatto della loro vita un dono gradito al Signore e sono morti nell’adempimento del loro dovere nel difendere la patria e garantire la sicurezza dei cittadini e li affidiamo al Signore misericordioso con gratitudine e ammirazione.

Si ringrazia per il contributo fotografico il Luogotenente dei Carabinieri
Vincenzo Spinò