La condanna verbale è accompagnata ed anzi amplificata dal coro delle figlie che intonano canti della tradizione popolare, e solo con esso riescono a tirar fuori passioni represse.Il canto si rende sollievo, speranza, evasione, passione e pentimento, a tal punto da annullare l’intera scena per renderla voce, vibrazione, ossessione, e divenire denuncia sociale, politica e familiare allo stratificarsi imperturbato del potere.
“Volevamo fondere musica e teatro partendo da un testo che ce lo permettesse, come quello di Federico De roberto lo è, e collocarlo in uno sfondo classico che venisse però sporcato” da segni oggettistici contemporanei, come i costumi o l’utilizzo di affermazioni provenienti da politici ed ecclesiastici attuali”, ha dichiarato il regista Enrico Roccaforte, che ha così proseguito: “con il canto raccontiamo una storia di potere che coniene l’universalità della tragedia, di oggi e di ieri. Quella di ieri può in questo caso essere l’assoggettamento delle figlie alla madre che non vuole che sicanti se non per Dio. La tragedia attuale è invece il sistema politico e culurale attuale che non vuole mutare perchè non vi trova convenienza”. il progetto e la drammaturgia sono di Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte, le musiche originali di antonella talamonti, con Filippo Luna, Nenè Barini, Germana Mastropasqua, Alessandra Roca.
il cicuito proseguirà nella necropoli il 29 luglio con “L’altro figlio” di Orazio Torrisi, e il 30 luglio con “Orfeo de pazzi” di Aurelio Gatti, alle ore.21.00
Livia D’alotto
Foto: Maria Catalano