Troina. Per un fisco più giusto e per un piano straordinario del lavoro, si mobilitano anche gli artigiani e i commercianti del paese, due componenti di rilievo del ceto medio che non è un blocco sociale omogeneo perché comprende anche altri gruppi intermedi di cittadini come, ad esempio, gli insegnanti, i professionisti, gli imprenditori di piccole e medie aziende. Circa 40 artigiani troinesi organizzati dalla locale sezione della Confederazione nazionale dell’artigianato (Cna) sono andatati con un autobus preso a noleggio, giovedì mattina, 30 giugno, ad Enna per partecipare alla manifestazione di protesta davanti l’ingresso della Prefettura per chiedere un sistema di riscossione dei tributi che tenga conto della fase di crisi che stanno attraversando le loro aziende. Per oggi martedì 5 luglio, pomeriggio, alle 18.30, nell’aula consiliare presso il palazzo di città, in piazza Conte Ruggero, le locali sezioni della Confesercenti, Confartigianato e Ucla-Claai hanno convocato l’assemblea dei loro aderenti per discutere della mancanza di lavoro e di pressione fiscale, come si legge nel volantino che hanno diffuso alcuni giorni fa. Quello della pressione fiscale è il problema più acutamente avvertito da artigiani e commercianti troinesi. “E’ dal 1994 che sento parlare di riduzione del carico fiscale, ma ancora, dopo 17 anni, non vedo nulla di concreto”, lamenta Salvatore Gagliano, un artigiano troinese che lavora il ferro. Un altro artigiano, il falegname Tino Cipria, che nei primi anni ’80, decise di tornare a Troina dall’Argentina, dove ha lasciato i suoi beni e dove sono rimasti i suoi parenti, è molto preoccupato per come stanno andando le cose qui Italia: “Ho 57 anni e sono un superstite delle molteplici crisi argentine. Temo che anche qui in Italia dovrò rivivire lo stesso dramma perché ci sono tutti i segnali che è appena cominciato il percorso d declino che ho conosciuto in Argentina”. Ma non sono solo gli artigiani ed i commercianti ad avvertire i morsi della crisi. Non vanno meglio le cose per quei lavoratori dipendenti dalle imprese del gruppo Oasi. Oasi Tv ha chiuso. Si teme per la casa editrice Oasi Città Aperta e la Tipografia Villaggio Cristo Redentore, che hanno fatto ricorso alla cassa integrazione. Ha chiuso anche la piccola fabbrica di scarpe, la To.ma.s., che occupava una decina di lavoratori. Non è che stiano meglio gli altri lavoratori dipendenti, che vedono peggiorare la loro situazione economica. Uno di questi, che vuole conservare l’anonimato, ha dichiarato: “Quando guardo il mio estratto conto, capisco che non sto costruendo il futuro per la mia famiglia, ma sto rosicchiando il passato”.
Silvano Privitera