Troina. Incontro-dibattito: Gestione pubblica dell’acqua bene comune
Troina - 10/05/2011
Troina. Per iniziativa dell’Associazione Culturale Antonio Gramsci, Slow Food e Legambiente, si terrà sabato pomeriggio 14 maggio, con inizio alle 17.30 nell’aula magna dell’IISS Ettore Majorana, via Aldo, n. 147, l’incontro-dibattito sul tema “Gestione pubblica dell’acqua bene comune” con Pippo Privitera, presidente Slow Food Sicilia, e Carlo Garofalo, responsabile del Forum provinciale dei movimenti per l’acqua pubblica. Il tema ha una portata sociale e culturale di grande rilevanza come dimostra la mobilitazione popolare negli ultimi anni contro la privatizzazione dell’acqua.
A giudicare dal numero consistente di sindacati, movimenti sociali, ambientalisti ed associazioni di cittadini e consumatori che hanno promosso il referendum per abrogare le leggi che obbligano i Comuni ad affidare ai privati la gestione del servizio idrico integrato (acquedotti, fognature, pulizia e trattamento dei reflui), si ha l’impressione che stia cominciando a perdere colpi quella potente ideologia neoliberista che da 30 anni domina la scena politica in Italia e nel mondo. Ne è una conferma il goffo tentativo messo in atto dal governo Berlusconi-Bossi, che di questa politica neoliberista insofferente alle regole del vivere civile e di una sana democrazia, di depotenziare con le ridicole furberie da Stenterello il referendum del 12 e 13 giugno.
Tutti questi soggetti che perseguono l’obiettivo di riportare la gestione del servizio idrico integrato nella sfera pubblica, hanno dato vita negli ultimi anni al Forum italiano dei movimenti per l’acqua ed al Coordinamento degli enti locali per l’acqua bene comune e per la gestione pubblica del servizio idrico.
I sostenitori del neoliberismo sono riusciti a convincere partiti politici, anche di sinistra purtroppo, ed istituzioni che sarebbe andato a vantaggio dei cittadini il ridimensionamento della presenza pubblica nelle attività economiche e sociali. I partiti neoconservatori e di destra populista al governo di molti paesi europei, che si sono ispirati al neoliberismo, hanno affidato ai privati un numero sempre maggiore di funzioni e servizi tradizionalmente appartenenti alla sfera pubblica. Sono stati privatizzi servizi pubblici essenziali come l’acqua e i rifiuti in nome dell’efficienza del privato, della razionalità del mercato e della virtù della concorrenza. In realtà, la liberalizzazione di questi servizi pubblici locali ha come obiettivo principale la realizzazione del guadagno, com’è nella logica di ogni impresa commerciale.
E’ opinione diffusa che a disporre la privatizzazione dell’acqua sia il decreto Ronchi del 2009. In realtà, il processo di privatizzazione dell’acqua è iniziato con la legge Galli del 1994. Il decreto Ronchi è la fase più recente del processo di privatizzazione del servizio idrico integrato, che obbliga i Comuni di ricorrere, entro il 31 dicembre 2011, alla gara per l’affidamento dei servizi pubblici locali a favore di società di capitali. In via del tutto teorica, la selezione del gestore mediante la gara si propone di tutelare l’interesse generale, individuando l’impresa che dà migliori garanzie dal punto di vista economico per le tariffe e gli investimenti progettati dai Comuni.
Sta proprio qui l’imbroglio neoliberista. Per le caratteristiche del servizio idrico integrato, gli affidamenti della gestione sono molto lunghi e soggetti ad una continua rinegoziazione a tutto vantaggio del gestore. Ad essere penalizzati sono i cittadini perché i rapporti di forza tra gestore ed enti locali sono sbilanciati a favore del gestore, che vince la gara con offerte economiche al ribasso, ma una volta ottenuto l’appalto il gestore si rifà con le continue richieste di revisione.
Luca Martinelli, autore del libro “L’acqua non è una merce. Perché è giusto arginare la privatizzazione”, cita l’esempio del Comune di Arezzo, che fu il primo Comune ad avvalesi della legge Galli: “ Tra il 1998 ed il 1999, il Comune di Arezzo ha di fatto privatizzato il suo sistema idrico integrato. Questo esempio porta molte anomalie. Prima fra tutti, il fatto che l’azienda che si è aggiudicata il bando, la multinazionale francese Suez, dopo la gara si è seduta al tavolo con il Comune ed ha rinegoziato i termini del contratto con condizioni peggiorative sia dal punto di vista degli investimenti per la rete sia per le tariffe applicate”. Alla fine delle fiera, come dicono i toscani, è di 414 euro l’anno la spesa che grava su una famiglia tipo composta di padre, madre ed un figlio. A Milano, dove a gestire il servizio idrico è una società pubblica, la spesa annua sostenuta dalla famiglia tipo è di 106 euro. Sono dati questi che tirato fuori dal rapporto d’indagine sul servizio idrico curato dall’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanza Attiva.
Sentiamo dire che la rete idrica italiana è un colabrodo. Dell’acqua immessa in rete si perde il 35%. Ma è un dato medio. Se andiamo a vedere come stanno le cose, scopriamo che i migliori acquedotti sono quelli di Milano e Torino gestiti da società pubbliche, mentre il peggiore è quello di Roma gestito dalla società privata Acea.
E’ ormai di tutta evidenza che la privatizzazione del servizio idrico integrato ha come conseguenza l’aumento degli utili della società di gestione ed il peggioramento del servizio reso al cittadino.
C’è un altro aspetto della questione che non convince e che fa pensare ad un imbroglio. I sostenitori della privatizzazione del servizio idrico dicono che il ricorso alla gara per la gestione del servizio idrico l’impone l’Unione Europea. In verità, l’Unione impone agli Stati membri la gara per la gestione dei servizi, ma non ha specificato quali. Gli Stati membri hanno l’autonomia di decidere in piena autonomia i servizi da affidare in gestione ai privati selezionati mediante gara. Basta dichiarare il servizio idrico integrato “privo di rilevanza economica” per sottrarlo a all’obbligo della gara. Pere restare in Europa, ricordiamo che Berlino e Parigi, dopo aver sperimentato la privatizzazione della gestione del servizio, sono tornati alla gestione pubblica di questo bene comune, che non può essere assimilato ad una merce.
Silvano Privitera