Beatificazione Giovanni Paolo II: In Piazza San Pietro a Roma in sessanta da Troina
Troina - 30/04/2011
Troina. Viaggeranno tutta la notte per essere tra i primi a giungere in Piazza San Pietro a Roma, per l’attesissimo evento della beatificazione di Giovanni Paolo II. Sono i pellegrini di Troina, oltre 60, che partiti in pullman alla volta di Roma, come tanti fedeli da ogni parte del mondo, si uniranno in preghiera al Santo Padre, Benedetto XVI, per celebrare il Grande Wojtyla. Il pellegrinaggio, organizzato dalla Parrocchia Maria SS. Del Carmelo di Troina, ripartirà subito dopo la cerimonia.
È la prima volta nella storia della chiesa che un processo di santificazione viene avviato prima dei 5 anni dalla morte, ma la straordinaria fama di santità di Giovanni Paolo II e le guarigioni miracolose a lui attribuite, non potevano lasciare indifferenti.
Diceva il Cardinale Sodano nel suo ultimo saluto al Santo Padre: “La vita non è tolta ma trasformata e mentre si distrugge la dimora terrena, se ne costruisce un’altra ancora più bella nel cielo. Si spiega così la gioia dei cristiani, la gioia dei Santi”. Era questa la speranza di Sodano, Wojtyla presto Santo, e così è stato.
E intanto di Giovanni Paolo II resta il ricordo vivo del suo pontificato e delle sue parole, che arrivavano sempre dritte al cuore.
“All’umanità smarrita e dominata dal potere, dal male, dalla paura, il Signore risorto doni la speranza”. È nell’ultimo messaggio scritto da Giovanni Paolo II alla sua gente, nel suo ultimo saluto, che ritroviamo il vero significato della sua opera: la “speranza”. La speranza di un uomo che non si è arreso alla sofferenza, ma che si è lasciato trasportare nel lento trapasso verso la morte, con calma, piano, sorridente e generoso. L’estremo modo per ribadire che non c’è davvero nulla di cui avere paura. L’ostensione della propria sofferenza, ne è la prova. L’epifania del corpo a cui Wojtyla non si è sottratto neppure oltre la vita. Anche qui la riprova della sua umanità, in questa ennesima prova di coraggio.
Si è mosso con misteriosa naturalezza, tracciando un iperbole lungo il suo cammino, che ha permesso la ricongiunzione dei popoli. Questo il mistero e il sigillo di Giovanni Paolo II. Semplice e inafferrabile. Analizzato dai media come mai fino ad ora, è stato lui stesso protagonista del grande circo mediatico. Grande conservatore e innovatore, provocatore e tradizionalista, ha saputo incarnare gli estremi contraddittori di ogni ambito, pur restandone sempre fuori.
Un pontificato tra i più lunghi della storia, a cavallo di un secolo devastato da guerre e violenze infinite, e condotto da indiscusso protagonista. Un Papa circondato dall’amore dei cristiani, e in gran parte dalla stima dei non credenti, pur tra le trame di chi aveva organizzato il suo assassinio.
Un autentico pastore, ha compiuto gesti che sono entrati nella storia della Chiesa Universale. Grande missionario, ha portato la Parola di Cristo in ogni angolo della terra, con le sole armi del coraggio e della fede, scrollando regimi che sembravano incrollabili, offrendo parole di speranza e pace. E anche quando il suo fisico ha mostrato i segni della sua sofferenza, Giovanni Paolo II ha continuato ad essere esempio per l’umanità, trasformando il suo dolore nel simbolo del suo magistero.
Ha contribuito a cambiare gli eventi del XX secolo e passerà alla storia universale, come una tra le due o tre figure del novecento. Come l’uomo che ha saldato i conti con i due totalitarismi del secolo, quello nazifascista e quello comunista, dando un contributo fondamentale alla costituzione del mondo, affinché certe cose non accadano più. Ha saputo guidare la Chiesa nel terzo millennio, libero da ogni spirito subalterno alla modernità e dedito alla riscoperta dei veri valori della chiesa. Un pontefice non di parte, che ha saputo lottare contro l’impero sovietico, senza mettersi al servizio dei vincitori della cosiddetta guerra fredda. Un oppositore irriducibile nei confronti di quest’ultima, che ritroviamo, con tutte le sue forze, contro il conflitto con l’Iraq. Un uomo che ha saputo chiedere perdono all’umanità per gli errori della Chiesa stessa. Il Papa del dialogo interreligioso, che ha volto lo sguardo al mondo ebraico e musulmano, conquistandone un enorme rispetto, ma non solo. Ha costretto tutti a guardare ai temi della vita come ad intuizioni di fede dalle quali non si può prescindere.
E se per gli uomini è già Santo, la Chiesa freme per il secondo miracolo che gli attribuirà ufficialmente questo titolo. Magari arriverà domani, quando sarà esposta al pubblico l’ampolla con il sangue di Carol Wojtyla, custodita gelosamente in questi anni dalle Suore dell’ospedale Bambin Gesù di Roma, o chissà, giungerà via cavo a quanti assisteranno alla celebrazione da casa, e che nel loro cuore desiderano guarire, nel corpo e nello spirito. Come ci ha urlato tante volte lui stesso, basta non avere paura e “spalancare le porte a Cristo”, tutto il resto verrà da sé.
Sandra La Fico