Essendo nota già a partire dal XVII secolo (verosimilmente nota a partire dalla preistoria) poiché abbondantemente ritrovata lungo le “marine di Catania” e presso la foce del Simeto, tale preziosità è meglio definita con il nome di “Simetite”. Il suo colore varia dal rosso cupo, al paglierino, talora con sfumature verdastre o bluastre. Trattasi di una resina fossile risalente alla fine dell’era Cenozoica (Miocene). Le sue caratteristiche fisico-chimiche la rendono unica, soprattutto se confrontata con quelle, sempre cenozoiche, provenienti da altre zone del mondo; ad esempio quella di Santo Domingo. Già nel passato suscitava interesse poiché al suo interno, molto raramente, si conservano i resti di piccoli invertebrati imprigionati come in un “regal sepolcro eterno”; raramente all’interno della simetite sono custoditi ragnetti, “moscerini” di varia natura, ma anche preziosi resti vegetali.
I pezzi più pregiati sono custoditi gelosamente da noti collezionisti e gioiellieri catanesi, ma sono anche presenti nel tesoro di Sant’Agata ed in diversi musei del mondo.
Nel passato, oltre che per fini meramente estetici, l’ambra del Simeto veniva ceduta alle chiese, poiché bruciata produceva un intenso profumo d’incenso, e le polveri derivanti dalla sua lavorazione venivano usate dai liutai, per lucidare gli strumenti più pregiati, e dai pittori.
Agatino Reitano
Su gentile concessione di Angelo Cosentino – www.cataniapolitica.it