Enna. Pronto al movimento e a sentire l’emozione di cui deve farsi veicolo, l’attore potrà calcare la scena, senza troppi timori mnemonici o dialogici. Egli solo è la verità, con il suo corpo, e la sua capacità di trasmettere un sentire che non è proprio, ma universale, avvertibile dai più. Cinto da uno spazio che, bianco o nero, rigetta le sfumature perché non v’è altra possibilità se non quella di esserci, in quel punto ed in quel momento; l’attore sarà sempre fondamentale sia esso circondato da 10 o 100 altri attori, e mai secondario qualsiasi sarà il ruolo da egli ricoperto. Così il coreografo Aurelio Gatti; formatosi a Parigi, e dedito in particolar modo allo studio del mimo corporeo prima, e poi a quello del teatro orientale, ed in ultimo fondatore e direttore artistico dell’Mda Produzioni Danza; ha illustrato oggi, agli allievi del laboratorio di cui è responsabile da 4 anni: il Teatro dei Territori, cosa vuol dire “esserci”, in scena: tendendo loro una mano più volte con intensità e intenzioni ogni volta diverse, o avanzando anche solo di un passo rivelando la verità dell’attore, custodita nella prontezza del compiere un movimento, che sia capace di rappresentare la sintesi di un comune sentire, che si vestirà ogni volta, di nomi e ruoli ed emozioni ed epoche diverse , ma che lo spettatore avvertirà sempre come proprie e contemporanee.
Aurica Livia D’Alotto