“Prima che le luci dell’alba del 26 aprile 2010 illuminassero il giorno, di buon mattino, come le donne che si recarono presso la tomba vuota del Signore, – dichiara mons. Pasquale Bellante – i pellegrini sono partiti per raggiungere Torino. Arrivati a destinazione hanno celebrato nella Chiesa della Consolata. Successivamente, seguendo il percorso predisposto si sono recati alla visita della Sindone. Tre file concentriche, a diversi livelli, sono predisposti davanti al telo sindonico per dare modo ai pellegrini di soffermarsi nella visione. Una ulteriore fila, la più bassa e la più vicina alla Sindone è riservata agli ammalati in carrozzella e ai vescovi”
Prestamente mons. Pennisi si è portato avanti, il personale addetto lo ha fatto passare dal varco predisposto ed ecco che egli viene a trovarsi a pochi passi del lino sindonico. Accanto a lui gli ammalati in carrozzella. Egli sosta in preghiera silenziosa. I suoi occhi sondano, nella contemplazione amorosa, le tracce misteriose giallo ocra e rossicce per scorgere le membra, il volto, le ferite. La voce di una sorella del servizio dopo aver indicato i vari segni delle piaghe e delle varie parti anatomiche recita una preghiera e invita ad andare oltre per lasciare spazio a chi viene dopo”.
“Che cosa ho visto? – continua don Pasqualino – Un uomo che ha sofferto, che ha sofferto tanto da morire. Un uomo. Solo un uomo. Il dolore umano e “divino” inestricabilmente uniti nell’unico UOMO misura di ogni uomo. La fede riconosce l’uomo Gesù di Nazareth, il Cristo Signore. Saranno stati forse questi i pensieri di mons. Pennisi, in quegli istanti di contemplazione che sembrano rallentare il tempo frammentandolo in mille e più richieste di aiuto e intercessione a favore dei fratelli nella fede a lui affidati, in particolare per gli ammalati, i bambini, i giovani, i sacerdoti, i religiosi, gli istituti di vita consacrata”.
“La voce incalza, – conclude don Bellante _ chiedendo che si faccia spazio a chi attende, non si vorrebbe andare via, si rimane ancora come calamitati da quella presenza enigmatica. Ancora un poco, ancora un poco; ci si volta indietro mentre si va via con un senso di vuoto, come quando si lascia una persona cara che non si rivedrà per lungo tempo così da vicino, faccia a faccia. Cosa hai visto? Si potrebbe chiedere ad ogni visitatore, e la risposta corale potrebbe essere quella di un celebre canto pasquale: “Abbiamo visto il sudario di Cristo. E’ risorto e ci precede…”.
Giuseppe Carà