San Giuseppe a Valguarnera, fede folklore e tradizioni
Valguarnera - 15/03/2010
L’intera comunità Valguarnerese, dal 10 al 19 Marzo, festeggia il Patriarca San Giuseppe.
La Festa viene preceduta da un Novenario, le cui meditazione vengono guidate dal Parroco che invita i fedeli a riflettere sulla figura di San Giuseppe, uomo giusto, protettore della famiglia e dispensatore di grazie.
Si prega e si implora il Patriarca per le famiglie, il popolo, i Benefattori, gli emigrati e gli ammalati.
Le “TAVOLATE”
Le Tavole di San Giuseppe a Valguarnera Caropepe per la loro peculiarità sono uniche in Sicilia, vengono allestite il 18 marzo dai devoti, in ringraziamento al Santo per una grazia ricevuta.
La sua preparazione si protrae per circa 6 giorni e per questo richiede la collaborazione di parenti ed amici che si prodigheranno per la preparazione di tutte le pietanze che la imbandiranno.
La Tavola viene fatta in legno e a ha una forma di scala di 4 – 5 gradini lunghi circa 3 – 4 metri ed un grande tavolo alla base, il tutto ricoperto con tovaglie di lino finissimo ricamate.
Le pietanze che vi sono poste sono strettamente legate alla tradizione culinaria della festa di San Giuseppe e sono la pasta con il miele, la pagnuccata (pignolata con il miele) i cannoli con la ricotta e la crema, le sfinge, le cassatele, il torrone, le mandorle confetti, le fritture delle diverse verdure come i finocchietti, spinaci, mozzatura, broccoli con sopra una spolverata di mollica.
Oltre a queste tradizionali pietanze nel tempo si sono aggiunti svariati tipi di dolci e pietanze più o meno elaborate che arricchiscono la tavolata.
Il protagonista assoluto è il pane che viene preparato dai panificatori locali con farina di grano duro che dopo essere stato lavorato a mano e “modellato”nelle diverse forme che simboleggiano gli attrezzi del falegname come la sega il martello la scala, ed altre forme come l’ostensorio, gli angeli adoranti l’uva l’asinello, viene poi rifinito con una spennellata di uovo e una pioggia di“paparina” (semi di papavero) e messo in forno.
Altre forme di pane di dimensioni minori rispetto a quelle che vengono sistemate sulla tavola sono i “Pupidd r San Giusepp” questi vengono distribuiti sia nelle Tavolate dei devoti che in chiesa dove viene allestita la Tavolata principale.
Tra ogni forma di pane e in mezzo ai piatti ad ornare saranno le arance la lattuga e il sedano.
Il rito de “l’azena” (cena) si svolge la mattina del 19 marzo quando intorno alle 9.00 dopo che i Santi e cioè tre persone che rappresentano la Sacra Famiglia avranno partecipato alla Santa Messa si recheranno nelle abitazioni dove sono state invitate a rappresentare i Santi.
Il rito della “Cena”, nasce dal fatto che San Giuseppe e Maria da poveri si videro rifiutare un rifugio per il parto, ma anche quando furono costretti a fuggire in Egitto e a vivere clandestinamente, ed ecco quindi che i devoti in segno di carità cristiana vogliono dare simbolicamente ristoro e accoglienza, alla Sacra Famiglia.
Si inizia con la preghiera recitata da San Giuseppe che invita Gesù bambino ad unire le tre dita simboleggianti la Santissima Trinità ed insieme ripeteranno questa antica preghiera in dialetto locale per tre volte
B’n’ritta la zena
B’n’ritta Mandalena
B’n’rìtt tutt quant
U patr, u figghj e u spir’t sant..
An quant, an quant
c’è l’àngiul sant
U patr, u figghj e u spir’t sant.
Benedetta la Cena
Benedetta Maddalena
Benedetti tutti quanti
Il padre il Figlio e lo Spirito Santo
di tanto in tanto c’è l’Angelo Santo il Padre il Figlio e lo Spirito Santo
Dopo aver recitato questa preghiera San Giuseppe sbuccerà una arancia e ne distribuirà dei pezzi a Gesù bambino e alla Madonna accompagnati da pezzi di pane benedetto per poi continuare con le altre pietanze.
Alla fine della “cena” la tavolata sarà aperta a quanti vorranno degustare le pietanze tipiche della festa che svuoteranno i gradini della Tavolata tranne l’ultimo che viene riservato alle pietanze che verranno date ai Santi.
Secondo un’antica tradizione la vigilia della festa in tutte le tavole viene posta una ciotola con l’acqua e una saliera, dove l’indomani mattina verrà trovato l’impronta del dito di San Giuseppe che nella notte e passato a benedirla.
”I‘M’braculi”
Sono l’offerta di ceri o di grano che i devoti fanno a San Giuseppe in ringraziamento per una grazia ricevuta
I ceri arricchiti da fiori di carta colorata vengono portati spesso anche a piedi scalzi.
Il grano viene portato dentro a sacchi (bisacce) posti sul dorso di cavalli bardati a festa è accompagnati dalla banda musicale che puntualmente giunti all’inizio della salita che conduce alla chiesa di San Giuseppe eseguirà la tradizionale ed allegra marcia del Chichirichi colonna sonora della festa.
Queste manifestazioni di devozione accompagnate dalla banda musicale, per i devoti è il modo per condividere la gioia di una grazia ricevuta con tutti i concittadini che durante tutta la giornata sosteranno nella salita che conduce alla chiesa in attesa dei “m’braculi”.
LA SACRA FAMIGLIA
Il giorno 19 Marzo alle ore 10.00 dalla sacrestia della Chiesa, si snoda il corteo della Sacra famiglia Ansia, tensione, gioia, raccomandazione dei famigliari, accompagnano questi ultimi momenti prima delcorteo.
San Giuseppe è impersonato da un adulto con folta barba bianca ed indossa una tunica azzurra ed un mantello marrone, in mano porta il bastone con in cima il Giglio, simbolo di purezza. La Madonna viene scelta tra le ragazze più graziose del paese, vestita elegantemente con un abito bordeaux,un mantello ricamato e in testa una corona d’argento che viene sorretta dal padre, ha in mano una coroncina e il libretto delle preghiere.
Gesù Bambino, indossa una tunichetta celeste ed ha intesta una aureola.
Questi tre personaggi, seguiti dalla banda musicale, dai parenti e da un folto numero di fedeli, dopo aver percorso le vie del paese rientrano in chiesa per assistere alla messa solenne.
Alla fine della celebrazione eucaristica, la Sacra Famiglia si reca nella sacrestia della chiesa dove è stata allestita la tavola.
U tempo questa tavola veniva preparata in casa di Don Vito Boscarini che agli inizi dell’800 assunse l’impegno di solennizzare la festa. Egli regalò al santo nel 1811 un bastone d’argento.
Fu la famiglia Prato, famiglia benestante e proprietaria terriera a continuare questa tradizione per molti anni che allestiva la tavola nel palazzo che si affaccia su Piazza Garibaldi, da dove la Sacra famiglia, dopo la cena partiva per andare nella Chiesa San Giuseppe ed assistere alla messa solenne.
LA PROCESSIONE di SAN GIUSEPPE
La sera dopo la messa ha inizio la processione del Santo che viene portato sul fercolo per le vie principali del paese.
Il fercolo, fatto costruire nel 1827 da Don Vito Boscarino e restaurato nel 1922, è un vero capolavoro d’arte.
Presenta una cupola con rilievi d’orati e intarsiata di stelle e altri disegni particolari di ottima fattura, non si conosce l’autore, ma doveva essere un grande artigiano.
Alla processione partecipano le confraternite delle varie chiese, vestiti con abiti particolari con i colori delle confraternite, le autorità civili e i fedeli scalzi con le torce votive in mano.
Marco Rizzone