Teatri di Pietra Sicilia, edizione il 16 luglio a Morgantina

Il fitto cartellone di “Teatri di Pietra”, la “rete” diretta da Aurelio Gatti in cui si sperimentano e si attuano modalità per una efficace concertazione e sinergia in tema di cultura e di spettacolo come momento unificante della comunità e patrimonio d’identità dei territori del Mezzogiorno, prenderà il via con la sua quinta edizione Siciliana il prossimo 16 luglio da Morgantina (Aidone).
Teatri di Pietra, ideata ed organizzata dall’Associazione Capua Antica Festival con il sostegno di tutti i comuni coinvolti, della provincia di Enna, delle Soprintendenze interessate e della Regione Siciliana, quest’anno propone un cartellone di ventidue spettacoli, tra cui molteplici prime, per un totale di oltre quarantacinque messe in scena.
Tra gli spettacoli “già noti” la rete ne ospiterà due che la scorsa edizione hanno mietuto ampi consensi da parte di pubblico e critica. Si tratta di “Ione”, tratto da Euripide, l’ilaro-tragedia tra i più antichi esempi di dramma ad intreccio che vede protagonisti in questa versione Sebastiano Tringali e l’etnea Cinzia Maccagnano; e il fortunatissimo “Sorelle di sangue” – tratto da “Crisotemi” di Ghiannis Ritsos ed “Elektra” di Hugo von Hofmannsthal – con Elisabetta Pozzi. Tra le novità di questa quinta edizione dieci nuovissimi spettacoli, tra cui “Hercules Furens” con Vincenzo Pirrotta; “Satyricon Hotel” con Ernesto Lama; “Odissea Penelope” con Iaia Forte; “Minnazza” con Leo Gullotta; “Turandot – ovvero storia strana e misteriosa di una principessa” di Carlo Gozzi con la regia di Manuel Giliberti, lo spettacolo di danza “Instrument 1/3” di Roberto Zappalà, sulle musiche originali dei Lautari e Alfio Antico e “Le Supplici” da Eschilo, l’ultima delle tre produzioni dell’Istituto Nazionale di Dramma Antico.
La rete dei “Teatri di Pietra”, che come è noto coinvolge le aree archeologiche e monumentali di molte regioni d’Italia riportando il teatro classico e la cultura delle identità nei siti archeologici esclusi dai grandi flussi turistici, quest’anno circuiterà in Sicilia per un mese, fino a metà agosto, nei siti archeologici di Castelvetrano Selinunte (al Tempio di Hera), Aidone (Teatro Antico di Morgantina), Cattolica Eraclea (teatro antico di Eraclea Minoa), Calascibetta (necropoli di Realmese), Siracusa (Castello Maniace), Noto (ex Convento dei Gesuiti) e, novità di questa quarta edizione, Modica (cava di pietra Franco), Castelbuono (Castello di Ventimiglia) e Piazza Armerina (Chiesa di Sant’Ippolito).
Restano ancora da confermare il sito di Caltanissetta (parco archeologico di Palmintelli) e quello di San Cipirello.
Tre le nuove produzioni firmate “Teatri di Pietra” in questa quinta edizione, a conferma di una scelta sperimentata con successo lo scorso anno: “Hercules Furens” da Seneca, ispirata all’Eracle di Euripide e paradigma del pensiero di Seneca, che vedrà protagonista l’eclettico Vincenzo Pirrotta con Raffaele Gangale, Luna Marongiu, Carlo Vitale, Cristina Putignano, e Chiara Pizzolo; “Satyricon hotel” tratto da Petronio, un’opera per banda, danza e teatro che vedrà in scena Cinzia Maccagnano, Ernesto Lama e Sebastiano Tringali accompagnati dal corpo di ballo di MDA produzioni danza; e “Le Erinni” da Uberto Paolo Quintavalle che vedrà in scena anche i ragazzi del laboratorio “Il Teatro dei Terrotori”.
Il calendario di “Teatri di pietra 2009” partirà da Morgantina che quest’anno ospiterà, a partire dal 16 luglio, sei spettacoli. Si parte con “Minnazza”, uno spettacolo per voce solista su prose e liriche siciliane antiche e moderne di cui sarà protagonista Leo Gullotta a e si prosegue, il 19 luglio, con “Le Supplici” da Eschilo, “Le Troiane” (24 luglio), “Il Governo delle Donne” per la regia di Giancarlo Fares con Debora Caprioglio (30 luglio), “Satyricon Hotel” (9 agosto) per concludere con “Le Erinni” in data da definire. Il 16 luglio si parte anche a Castelbuono, nuova piazza per Teatri di Pietra, con “Odissea Penelope”, prosa per voce recitante, pianoforte e coro, che vedrà in scena Iaia Forte per la regia di Giuseppe Argirò. Al Castello dei Ventimiglia si proseguirà con “Sorelle di Sangue” (21 luglio), “La Tempesta” di Shakespeare con Lello Arena (2 agosto), “Ione” (6 agosto), e “Omaggio alla Sicilia”, il concerto-spettacolo di e con Miriam Palma (11 agosto). Il castello Maniace di Siracusa ospiterà, a partire dal 17 luglio, cinque spettacoli. Si tratta di “Odissea Penelope” (il 17 luglio), “Hercules Furens” (24 luglio), “Edipo… seh!” di e con Andrea Tidona (31 luglio), “Turandot” con Vincenzo Crivello per la regia di Manuel Giliberti (6 agosto) e si conclude il 14 agosto con “Arsura d’Amuri”, uno spettacolo di musica, canti e poesia di e con Carlo Muratori. Sette gli spettacoli di scena ad Eraclea Minoa (dal 17 luglio al 12 agosto) e al Tempio di Hera di Selinunte (dal 18 luglio all’8 agosto), mentre saranno sei quelli in programma a Piazza Armerina (dal 18 luglio al 9 agosto), quattro quelli ospitati a Noto (dal 19 luglio al 7 agosto), cinque quelli ospitati a Modica (dal 23 luglio al 13 agosto) e tre a Calascibetta (dal 17 al 21 luglio). In merito ai biglietti d’ingresso è da evidenziare che anche quest’anno “Teatri di Pietra” ha mantenuto costi accessibili in tutti i siti con biglietti d’ingresso compresi tra €8 ed €12. La programmazione di “Teatri di Pietra Sicilia” rappresenta una grande opportunità non solo sotto il profilo dell’offerta culturale, ma anche per le connessioni e le ricadute che determina nell’economia e nello sviluppo socio-culturale del territorio. Attraverso la messa in rete del patrimonio e delle attività si può costituire un “paesaggio culturale organico” e produrre un’autentica e consapevole crescita delle comunità residenti. In tal senso è rilevante la maturata alleanza con le Amministrazioni pubbliche dei territori interessati che stanno lavorando per la creazione di un’associazione che riunisca tutti i soggetti attivi – pubblici e privati – propositivi. Un segnale questo che conferma che anche in Sicilia, come in Campania, Lazio, Basilicata e Toscana, la rete dei “Teatri di Pietra” sta riscuotendo un crescente consenso. Adesione confermata anche dal pubblico che lo scorso anno ha fatto registrare 12.000 presenze.

TUTTE LE REPLICHE per titolo

Arsura D’Amuri: 1 agosto Piazza Armerina, 2 agosto Modica, 14 agosto Siracusa.

Edipo … seh!: 31 luglio Siracusa

Hercules Furens: 18 luglio Piazza Armerina, 19 luglio Noto, 23 luglio Cattolica Eraclea,
24 luglio Siracusa.

Il Governo delle Donne: 30 luglio Morgantina, 31 luglio Selinunte, 1 agosto Cattolica Eraclea.

Instrument 1/3: 5 agosto Piazza Armerina, 7 agosto Noto.

Ione: 5 agosto Modica, 6 agosto Castelbuono.

La Tempesta: 2 agosto Castelbuono.

Le Supplici: 19 luglio Morgantina, 22 luglio Selinunte.

Le Troiane: 24 luglio Morgantina, 25 luglio Selinunte.

Minnazza: 16 luglio Morgantina, 17 luglio Cattolica Eraclea, 18 luglio Selinunte.

Odissea Penelope: 16 luglio Castelbuono, 17 luglio Siracusa, 4 agosto Noto, 5 agosto Selinunte,
6 agosto Cattolica Eraclea.

Omaggio alla Sicilia: 8 agosto Modica, 9 agosto Piazza Armerina,11 agosto Castelbuono.

Satyricon Hotel: 8 agosto Selinunte, 9 agosto Morgantina, 12 agosto Cattolica Eraclea, 13 agosto
Modica.

Sorelle di sangue: 21 luglio Castelbuono, 22 luglio Piazza Armerina; 23 luglio Modica.

Turandot: 26 luglio Piazza Armerina, 29 luglio Cattolica Eraclea, 30 luglio Noto, 6 agosto Siracusa

TUTTE LE REPLICHE per data

16 luglio: Odissea Penelope (Castelbuono), Minnazza (Morgantina),
17 luglio: Odissea Penelope (Siracusa), Minnazza (Eraclea Minoa)
18 luglio: Minnazza (Selinute), Hercules Furens (Piazza Armerina)
19 luglio: Le Supplici (Morgantina), Hercules Furens (Noto)
21 luglio: Sorelle di Sangue (Castelbuono)
22 luglio: Le Supplici (Selinunte), Sorelle di Sangue (Piazza Armerina),
23 luglio: Hercules Furens (Eraclea Minoa), Sorelle di Sangue (Modica)
24 luglio: Le Troiane (Morgantina), Hrcules Furens (Siracusa),
25 luglio: Le Troiane (Selinunte),
26 luglio: Turandot (Piazza Armerina)
29 luglio: Turandot (Eraclea Minoa)
30 luglio: Il Governo delle Donne (Morgantina), Turandot (Noto),
31 luglio: Edipo…seh! (Siracusa), Il Governo delle Donne (Selinunte)
1 agosto: Il Governo delle Donne (Eraclea Minoa), Arsura D’Amuri (Piazza Armerina)
2 agosto: la Tempesta (Castelbuono), Arsura d’Amuri (Modica)
4 agosto: Odissea Penelope (Noto)
5 agosto: Odissea Penelope (Selinunte), Instrument 1/3 (Piazza Armerina), Ione (Modica)
6 agosto: Ione (Castelbuono), Turandot (Siracusa), Odissea Penelope (Eraclea Minoa)
7 agosto: Instrument 1/3 (Noto)
8 agosto: Satyricon Hotel (Selinunte), Omaggio alla Sicilia (Modica)
9 agosto: Satyricon Hotel (Morgantina), Omaggio alla Sicilia (Piazza Armerina)
11 agosto: Omaggio alla Sicilia (Castelbuono),
12 agosto: Satyricon Hotel (Eraclea Minoa)
13 agosto: Satyricon Hotel (Modica)
14 agosto: Arsura d’Amuri (Siracusa)

INFORMAZIONI
Inizio Spettacoli: ore 21.15
Apertura botteghini: ore 19
Numero verde: 800.024060
Sito internet: www.teatridipietra.org
Biglietti: compresi tra € 12,00 e € 8,00

SCHEDE SPETTACOLI

Comp. LA BOTTEGA DEL PANE/ Teatri di Pietra
HERCULES FURENS
da Seneca
drammaturgia A.Gatti-C.Maccagnano-V. Pirrotta
regia Cinzia Maccagnano
coreografia Aurelio Gatti
musiche originali Fabio Lorenzi
con Vincenzo Pirrotta
con Oriana Cardaci, Raffaele Gangale, Nancy Lombardo, Cinzia Maccagnano,
Luna Marongiu, Chiara Pizzolo Cristina Putignano, Carlo Vitale

Ispirata all’Eracle di Euripide, l’Hercules Furens è paradigma del pensiero di Seneca. Il filoso, infatti, espresse anche con la poesia le proprie convinzioni etiche, ma, a differenza delle opere in prosa, in cui la riflessione partiva dal punto di vista del saggio stoico, che osservava la realtà dal mondo beato del sapiente, nelle tragedie l’analisi parte dal mondo dei dannati e dall’orrore ineffabile in cui si trovano.
Secondo il mito ripreso dall’originale euripideo, Ercole, l’eroe per eccellenza, è in preda ad una follia distruttiva per volere di Giunone, e, inconsapevole, uccide la moglie Megara e i figli. Una volta riacquistata la lucidità, l’eroe è pronto a darsi la morte, ma trova sostegno nel re di Atene Teseo. Recatosi a Delfi per purificarsi dall’orrendo delitto, Eracle riceve dalla Pizia l’ordine di porsi al servizio del re di Micene Euristeo che gli impose le “dodici fatiche”, le imprese più note legate al nome dell’eroe.
La differenza sostanziale tra la versione di Seneca e il modello greco risiede nella più ampia concezione della realtà e dell’individuo: l’ostilità degli dei, che irrompono nella vita degli uomini rendendoli impotenti davanti ad una forza che si sottrae a qualunque criterio di ragionevolezza, non è più sufficiente a giustificare la perdita della ragione dell’eroe. La riflessione del filosofo latino supera il concetto arcaico dell’ira divina per andare a ricercare nella complessa personalità di Ercole l’origine della follia.
In Euripide, infatti, l’improvvisa follia che porta l’eroe al massacro della propria famiglia resta immotivata, semplice attuazione di un crudele disegno divino; in Seneca, invece, la pazzia è rappresentata come delirio di potenza, volontà di dominio supremo: una tensione che diventa estremizzazione patologica della virtù dell’eroe. Un’interpretazione che sottende il monito all’equilibrio della ragione perché l’ambizione a superare ogni limite si trasforma, da prodezza, in pericoloso eccesso.

REPLICHE: 18 luglio Piazza Armerina, 19 luglio Noto, 23 luglio Cattolica Eraclea, 24 luglio Siracusa

Comp. MDA PRODUZIONI / Teatri di Pietra
SATYRICON HOTEL
da Petronio, opera per danza,banda e teatro
regia e coreografia Aurelio Gatti
drammaturgia Gatti/Tringali
musiche Daniele D’Angelo – Marcello Fiorini
con
Stefano Annoni, Gianna Beduschi, Paola Bellisari,Giuseppe Bersani, Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Annalisa D’Antonio, Gioia Guida, Ernesto Lama, Rosa Merlino, Giovanni Palmieri, Cinzia Maccagnano, Daniele Russo, Sebastiano Tringali ,
Elisa Turlà, Mario Zinno

“Satyricon” Letteralmente vuol dire “storie di satiri”, cioè racconti di argomento osceno e licenzioso; o anche racconti che mescolano temi piuttosto… spinti ad argomenti di satira sociale e letteraria. Il cosiddetto Satyricon è un lungo frammento narrativo di un’opera in prosa. Il materiale pervenutoci corrisponde all’intero libro XV, e parti dei libri XIV e XVI. Oggi è generalmente accettata l’ipotesi di datare il Satyricon al I secolo d.C. e d’identificare l’autore in Petronio.
O che si tratti di una satira della società contemporanea o di un romanzo che , come le Metamorfosi di Apuleio , potrebbe avere una duplice chiave di lettura, o ad una gigantesca parodia della vita con l’unico messaggio su l’assoluta insensatezza di tutto ciò per cui l’uomo vive, tutta l’opera è attraversata dalla continua commistione di elementi vitali e di elementi mortiferi . Il finto funerale di Trimalcione durante la cena, il sesso nella tomba , la prescrizione di mangiare il cadavere di Eumolpo; la stessa impotenza di Encolpio…. fanno da parossistico contraltare alla morte per suicidio dell’autore, a seguito dell’accusa di coinvolgimento alla congiura dei Pisoni.
La filosofia di Petronio crede che al tempo non si possa fuggire, l’uomo è in balia del tempo. Gli stessi personaggi sono in balia di una circolarità degli eventi da cui non riescono a fuggire: durante il loro viaggio infatti continuano ad incontrare sempre le stesse persone da cui tentano di fuggire, ma grazie alla buona sorte in extremis riescono a trovare una soluzione, liberarsi per qualche attimo, e poi ricadere in un altro vicolo cieco. Tutta la struttura ricorda un intricato labirinto senza spazio né tempo in cui l’EROS è un aspetto fondamentale.
Il Satyricon è pieno di riferimenti al teatro, alla vita come teatro, con i suoi colpi di scena, le scenografie pacchiane, i personaggi tipici della farsa. È probabile che in primis, il Satyricon fosse stato scritto per essere recitato, così si spiegherebbe anche l’ampio utilizzo di parti in poesia. Nella nostra messa in scena l’opera è un diretto riferimento ai tempi contemporanei, l’idea di viaggio come fuga e non come conoscenza, da un contesto sempre più impersonale e volgare che trova il suo apice nella Cena di Trimalchione : ospiti parlano una lingua zeppa di volgarismi e sgrammaticature e grecismi, è la cultura dei ceti medio-bassi, fatta di aneddoti e pettegolezzi, di luoghi comuni, credenza astrologiche e proverbi.
La forma è quella del teatro musicale, in cui l’uso della banda è un segno di “autenticità” in un precipitare di immagini, evocazioni e pretesti. Trenta gli artisti in scena tra cantanti, danzatori, attori e musicisti. Le vicende del Satyricon si intrecciano con la vicenda del suo autore, l ‘arbitro di eleganza’ della corte di Nerone. Morì suicida, dopo l’accusa di coinvolgimento alla congiura dei Pisoni, tagliandosi le vene e banchettando con gli amici, regolando con un laccio la fuoriuscita del sangue: e se al tempo non si può fuggire la sua fine la si può decidere.

REPLICHE: 8 agosto Selinunte, 9 agosto Morgantina, 12 agosto Cattolica Eraclea, 13 agosto Modica

Comp. MDA PRODUZIONI
SORELLE DI SANGUE
da Ritsos, opera per teatro e danza
musiche originali Daniele D’Angelo
coreografie Aurelio Gatti
costumi Livia Fulvio
di e con Elisabetta Pozzi
danzano Paola Bellisari, Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Rosa Merlino

A Sorella di Sangue ci si è arrivati “lentamente” e comunque mossi da riflessioni – sarebbe meglio chiamarle “urgenze” – differenti : da una parte il tema della corresponsabilità‚ innanzitutto storica prima che etica‚ che sembra estraneo a questa epoca per cui ogni fatto viene addomesticato da una scellerata incoscienza : che sia guerra‚ fame‚ conflitti piuttosto che scoperta di un vaccino, ritrovamento‚ dibattito – tutto sembra partecipato in superficie‚ ridotto ad una presa d’atto e a un ossequio dell’informazione. Nessuna consapevolezza dell’accadimento ‚ nessuna responsabilità dell’accaduto. D’altra parte c’è la questione di quali “risposte possibili” in un momento in cui tutto e il contrario di tutto hanno legittimità : la parola/significato è soppiantata dal messaggio‚ l’azione trasformata in atto‚ la plausibilità del contrario mortifica ogni decisione o impegno. Situazione che nulla a che vedere con la romantica visione dell’anarchia o l’invocazione nichelista del caos rigeneratore. Sembra di assistere ad una epidemia di spersonalizzazione globale per cui il contingente soverchia ogni pensiero‚ il contestuale prevale e tanto l’uomo quanto la sua arte‚ cultura o teatro vengono misurati in relazione ad una funzionalità socializzante‚ produttiva,aggregativa‚ educativa.
Non è un caso che prevale un senso di smarrimento‚ di inconsistenza‚ di svuotamento e in cui l’uomo contemporaneo sembra non riuscire a districarsi. Il passato è ignorato‚ il futuro un’incognita e il presente sottratto giorno dopo giorno‚ secondo dopo secondo come se attendessimo una vita “vera “ da venire e provenissimo da un”passato” che non merita di essere ricordato.
Da qui l’urgenza. Il ricorso al mito e alla poesia è d’obbligo come la necessità di indagare un linguaggio capace di trasmettere ed esprimere adesione al contemporaneo ‚ ri-trovare uno spazio per uomini partecipi del presente‚ scegliere un territorio a cui aderire‚ un tempo in cui vivere. La commistione di teatro‚ danza e musica è apparsa la migliore per restituire significato alla vicenda di Crisotemi.
La scelta di Crisotemi non è solo la naturale conseguenza di una assidua frequentazione di Elisabetta Pozzi con il poeta Ritsos ( per la Fedra e Il Funambolo e la Luna ) quanto l’aver inteso – in un personaggio “altro”‚ distante dalle eroine del mito‚ – una protagonista contemporanea sia per l’incapacità di agire il presente o‚ anche‚ per la scelta di silenziarlo. Crisotemi colei che assiste al sacrificio della sorella Ifigenia‚ che non è partecipe all’omicidio di Agamennone da parte di Clitennestra‚ che non si ribella né progetta alcuna vendetta contro la madre per i suoi illeciti rapporti con Egisto e per aver ucciso suo padre‚ dopo l’epilogo di Elettra e la partenza di Oreste‚ è la donna che rimane sospesa come umanità inespressa. Lei‚ rapidamente citata nell’Iliade‚ personaggio di relazione nell’Elettra di Sofocle e di Euripide ‚ alter ego di una Elettra invasata e dionisiaca in Hofmannsthal‚ è ritrovata da Ritsos che la ritrae come specchio lirico di una esistenza in cui prevale il senso di testimone muto immerso in un susseguirsi di fatti drammatici che sembrano non trovare soluzione se non nel silenzio.
REPLICHE: 21 luglio Castelbuono, 22 luglio Piazza Armerina; 23 luglio Modica
Comp. HYSTRIO/ ARPA
IONE
ilarotragedia da Euripide
regia e coreografia Aurelio Gatti
musiche Marcello Fiorini
con
Stefano Annoni, Gianna Beduschi, Giuseppe Bersani, Annalisa D’Antonio,
Elisa Di Dio , Gioia Guida, Ernesto Lama, Giovanni Palmieri,
Cinzia Maccagnano, Sebastiano Tringali

Ione è una tragedia di Euripide‚ rappresentata per la prima volta nel 410 a.C. circa. Non si tratta di una vera e propria tragedia‚ ma di una sorta di tragicommedia a lieto fine ante litteram‚ un filone che pare essere stato inventato dallo stesso Euripide e che‚ più tardi‚ sfocerà nella ilarotragedia – nella quale eccelleva Rìntone di Siracusa. Genere drammatico popolare che consisteva essenzialmente in parodie di tragedie attiche‚ soprattutto tragedie euripidee ‚ largamente note al pubblico del tempo. Nella nostra messa in scena ci si è voluti riferire a questo genere che‚ da quanto riportato‚ aveva la caratteristica di essere recitata a braccio‚ seguendo un canovaccio tipico‚ ma solitamente senza prove che precedessero la rappresentazione‚ quasi che veramente i protagonisti fossero a ciò costretti dall’incalzare della tragedia e della necessità di vestire subito la stessa di farsa.
La scelta non è formale quanto di significato‚ volendo noi privilegiare il senso di ambiguità e di smarrimento‚ sentimenti che attraversano tutti i personaggi dell’opera. Lo Ione è uno tra i più antichi esempi di dramma a intreccio ‚ tutto giocato sugli equivoci dell’identità e percorso da un’ironia sottile che fa dei suoi personaggi degli eroi minuscoli‚ incapsulati nel loro inconsapevole gioco delle parti e ‚ alla fine‚ riscattati dai capricci del destino. Le problematiche distintive della produzione euripidea quali la condizione della donna‚ dello straniero‚ l’abuso degli dei sulle sorti umane‚ l’insondabilità del caso‚- vengono interamente riproposte in questa opera ma all’interno di una atmosfera rarefatta. Le dinamiche si dissolvono in uno svolgimento di fatti già anticipati allo spettatore. L’intera vicenda ( e le sue conclusioni) è reiterata più volte‚ dal prologo all’inizio e poi ostinatamente ripetuta da ogni uno dei personaggi ‚ quasi angolazioni della stessa esistenza che non si decide a soluzionarsi se non per l’intervento di Athena – il deus ex machina.
Tutto ciò sembra indicare che non è importante la vicenda di per sè quanto i rapporti tra gli uomini con i propri drammi personali.
E il lieto fine è pur sempre una fine tragica: nello Ione‚ (come nell’Elena) il finale propiziato dal caso dimostra‚ tragicamente‚ come l’uomo sia in balia di un destino. Ciò che emana questa tragedia dell’estrema maturità di Euripide è un angoscioso senso di debolezza e di precarietà della condizione umana‚ sottratta sia a un disegno provvidenziale divino sia al dominio della ragione.

REPLICHE: : 5 agosto Modica, 6 agosto Castelbuono

MOLISE SPETTACOLI

LA TEMPESTA
di WILLIAM SHAKESPEARE

regia
Marco Lorenzi
musiche
composte ed eseguite dal vivo da Francesco Prestigiacomo
con
Lello Arena
e con : Fabrizio Vona, Francesco Di Trio, Lorenzo Bartoli, Simone Vaio, Barbara Mazzi,
Fabrizio Bordignon, Pablo Franchini

“Noi siamo fatti della sostanza di cui sono fatti i sogni”…
Già… “noi”…ma “noi” chi?
Gli attori, il teatro! Questa, forse, è la risposta a questa domanda. E oggi che progressivamente il senso della realtà vera del teatro si va smarrendo, è interessante ricercare la nozione del teatro per l’uomo contemporaneo… essa esiste: è a metà strada tra la realtà e, appunto, il sogno.
Perciò, tornando alla citazione iniziale, è importante affrontare “TEMPESTA” oggi, in un progetto come il nostro. Un testo che parla di un grande uomo di teatro alla sua ultima recita, alla sua ultima e più grande evocazione dei suoi stessi sogni, al suo ultimo e più grande scontro con se stesso, essendo egli fatto di sogni, in quanto egli è il Teatro.
L’isola è lui.
E l’isola è popolata dei suoi sogni…
E dei suoi incubi.
È popolata di “sé”.
Più scrivo tutto questo e più mi accorgo che sto parlando dell’ uomo con la “U” maiuscola; ma, d’altronde, questo siamo noi gente di teatro: il nostro compito è di riempire il vuoto davanti a chi ci guarda.
E sotto di noi…l’abisso.
Appunto…l’isola… “Tempesta”!
E sono di nuovo tornato all’inizio, all’inizio di tutto: ad un titolo…ad un grande testo e al più grande autore teatrale di tutti i tempi. Spero che proprio Lui, il “nostro” autore, sia il migliore compagno di viaggio per questa nuova avventura: che ci aiuti a non perderci nella grande Tempesta che ci aspetta e ad arrivare sani e salvi all’isola di Prospero.
Marco Lorenzi
REPLICHE: 2 agosto Castelbuono

Comp. INDIE OCCIDENTALI
LE TROIANE
di Euripide -Adattamento di Jean Paul Sartre
regia di Federico Magnano San Lio
con Ivana Monti
e Cloris Brosca, Francesco Biscione, Federica Di Martino, Emanuela Trovato

Le troiane ovvero il punto di vista dei vinti. Il punto di osservazione dei troiani, coloro che hanno perso la guerra a causa della furbizia, della menzogna e dell’inganno, è il punto di vista di chi subisce e subirà le peggiori vendette ed umiliazioni frutto dell’arroganza dei vincitori. Considerando che Euripide è un autore greco e che quindi appartiene alle schiere dei vincitori, possiamo dire che il suo punto di vista risuona come una chiara presa di posizione non solo contro tutte le guerre “esportatrici di civiltà”, che gli uomini “civili” fanno in nome della giustizia e del progresso ma che in realtà nascondono altri fini ed intenzioni, ma anche contro tutte le guerre in genere. Guerra come negazione della civiltà. Guerra come inizio della fine della civiltà e quindi dell’umanità.
La riduzione di Sartre regala proprio questo senso di becera stupidità della guerra. La sua versione infatti appare sfrondata di ogni possibilità catartica dei personaggi; ogni umiliazione non restituisce dignità ai vinti ma ne sottolinea il loro gratuito sterminio. La condanna oltre che per la violenza è soprattutto per la cultura dominante che non offre, e non vuole offrire, alcun riscatto all’umanità dei vinti. Anzi viene negata loro la possibilità di essere considerati “diversamente civili”, attribuendo così alle loro differenze l’insindacabile funzione di pericolo per l’umanità. Motivazione, questa, che autorizza anche la peggiore violenza contro il nemico ma che in realtà nasconde una natura assolutamente opposta e contraria alle sbandierata “civiltà” dei conquistatori; come risalta nelle parole di Andromaca: “Uomini d’Europa, voi disprezzate l’Africa e l’Asia e ci chiamate barbari, ma quando la cupidigia e la vanagloria vi portano da noi, saccheggiate, torturate, massacrate. Dove sono i barbari, allora, eh? E voi, Greci, così fieri della vostra umanità, dove siete?” Temi molto attuali che non hanno bisogno di sottolineature modernistiche e che mettono in luce i pericolosi e occultati fondamenti di quei comportamenti “civili” che negano il diritto all’esistenza di tutti gli essere umani.
Federico Magnano San Lio

REPLICHE: 24 luglio Morgantina, 25 luglio Selinunte

LA MISE EN ESPACE
in collaborazione con Associazione Musicale TEMPO VIVO
ODISSEA PENELOPE
Prosa in concerto per voce recitante, pianoforte e coro
Liberamente ispirato all’ ODISSEA di Omero
drammaturgia e regia Giuseppe Argirò
con Iaia Forte
Sebastian Roggero al piano
Installazione scenica “Il parto di Penelope” di Rina La Gioia
Musiche eseguite dal vivo di Albeniz, Allevi, Chopin, Duretto, Matthews,
Morricone, Mozart-Say, Piazzolla, Prokofjew,
Sakamoto, Satie, Skrjabin, Tiersen

Lo spettacolo ha una portata affabulatoria che si radica nell’impegno civile.
Un’attrice di grande talento diventa così un’interprete eccellente di tutte le istanze di un mondo femminile che voglia discutere in maniera costruttiva alternando momenti di riflessione, di ironia, di drammaticità di tutti i temi che spesso non possono essere affrontati perché ritenuti marginali in una società in cui l’immagine della donna non è sempre pari alla sua intelligenza, alla sua carica innovativa, alla sua profondità psicologica. Lo spettacolo fa emergere le contraddizioni di un’umanità eterogenea e a volte troppo diversa per poter raggiungere una pacifica convivenza. Penelope pensando alle vicende di Troia baluardo dell’Asia minore, non può non riflettere su un conflitto etnico di scottante attualità come quello tra oriente e occidente.
Odissea Penelope rivendica il diritto della donna ad esistere, a chiamarsi con un nome proprio di persona affermando un’identità personale che non può essere decisa a priori da nessun sistema culturale, se pur fondato su una tradizione millenaria. Penelope in questa nuova visione che va al di là di Omero, pur rimanendo una donna che ama Ulisse, l’eroe del mito, discute con lucidità tutti gli aspetti oscuri del celebre inventore del cavallo di troia. Penelope infatti ascrive a se stessa il diritto di poter parlare degli orrori della guerra sanzionando le malefatte di un mondo brutale che non risparmia nemmeno i bambini, come testimonia la morte orrenda del piccolo Astianatte ad opera dello stesso Ulisse che ne decide l’infausta sorte scaraventandolo giù dalle mura di Ilio. La guerra non è più dunque cosa da uomini ma viene rivelata in tutta la sua stupidità e inutilità dalla denuncia civile di Penelope che si rende consapevole di aver sposato un assassino inventore di ordigni di morte. Il rapporto con la contemporaneità è bruciante ed immediato: il cavallo di legno non è dissimile infatti dalle tante invenzioni disumane che uguali ai giochi hanno invece dilaniato i bambini di tutto il mondo. La drammaturgia si snoda quindi tra diversi motivi quali la solitudine della donna che deve gestire un mondo che non conta di fronte al potere sociale, politico, economico, di una società fondata dagli uomini; la violenza e la sopraffazione che le parti sociali più deboli sono costretti a subire; e infine la memoria che in questo caso, Penelope donna, è costretta suo malgrado a tramandare perché nessuno possa dimenticare.
Ed è proprio attraverso la memoria che si consuma la violenza. Le donne devono convivere con il loro dolore muto e silenzioso, un dolore che non possono nemmeno rimuovere e che sono costrette, quando è possibile, a trasformare in parole che trovano la loro necessità di essere, nell’unica forma di rappresentazione possibile: il teatro.

REPLICHE : 16 luglio Castelbuono, 17 luglio Siracusa, 4 agosto Noto, 5 agosto Selinunte, 6 agosto Cattolica Eraclea.

Teatro in Quinta
MINNAZZA
di Fabio Grossi
musiche di Germano Mazzocchetti
con Leo Gullotta

Uno spettacolo per voce solista su prose e liriche siciliane, antiche e moderne.
Prende spunto dall’immagine antica della Madre Terra, “La Grande Madre”, MINNAZZA è un racconto sonoro che si snoda dalle origini della letteratura dell’Isola dei Ciclopi, fino ai nostri giorni.
Un viaggio tra i Miti e il quotidiano, tra il sorriso e la denuncia civile.
Voce solista sarà quella di Leo Gullotta che frequentando la lingua di contemporanei illustri ci guiderà attraverso le pagine dei loro capolavori letterari e le righe dei loro componimenti poetici.
Accompagnato in scena da un’originale ensemble di maestri fisarmonicisti, che eseguono musiche composte appositamente dal maestro Germano Mazzocchetti, che ci aiuteranno, anch’esse protagoniste, a scandire le stazioni, ovvero i capitoli, del nostro viaggio.
Tutto questo esalterà gli scritti, tra gli altri, di Ciullo d’Alcamo, Giovanni Meli, Tomasi di Lampedusa, Luigi Pirandello, Giovanni Verga, Elio Vittorini, Vitaliano Brancati, Leonardo Sciascia, Pippo Fava, Ignazio Buttitta, Andrea Camilleri, e giù scrivendo.
Un volo radente sulla letteratura italiana attraverso penne siciliane che invita ad una riflessione sulla Nostra società.

REPLICHE: 16 luglio Morgantina, 17 luglio Cattolica Eraclea, 18 luglio Selinunte

Samit srl

TURANDOT
ovvero
Storia strana e misteriosa di una principessa

Liberamente tratta da Turandot di Carlo Gozzi
Drammaturgia di Manuel Giliberti
Regia
Manuel Giliberti
Calaf, principe dei tartari Vincenzo Crivello
Turandot, principessa cinese Deborah Lentini
Adelma, principessa tartara Annalisa Insardà
Zelima, altra schiava di Turandot Giuliana Di Stefano
Timur , suo padre,re d’Astrakan
Barach, precettore di Calaf
Altoum ,Imperatore della Cina
Scene Stefania Garro – Costumi Eugenio Vazzano – musiche originali Antonio Di Pofi Direzione di scena Giovanni Ragusa

La storia della bella principessa di China così crudele da essere ,”cagion di barbarie e lutti e lacrime” e del suo rifiuto di piegarsi ai desideri del padre,l’imperatore Altoum,che la vuole maritare a tutti i costi è la ossatura del racconto di questa fiaba che in realtà fiaba non è poi tanto.
Obbligata al matrimonio dall’aver perduto la sfida dei tre enigmi ,svelati dal decaduto principe tartaro Calaf, dopo che molti altri pretendenti avevano pagato con la vita l’esito infausto del loro tentativo,Turandot in un complicato gioco di tradimenti e amore sarà infine come folgorata dalla rivelazione dell’amore al punto tale di trasformare la propria natura e divenire provvida e generosa.
Gozzi incentra tutta la parabola sulla forza dell’amore ma nello stesso tempo contemporaneamente non manca di evidenziare l’uso del potere come strumento di esercizio della crudeltà fine a se stessa. Intorno vibra e si colora di pennellate quell’Oriente che Marco Polo ha così ben raccontato nel Milione divenendo lo sfondo di un racconto che si universalizza,uscendo dai confini della narrazione di genere.
La rilettura drammaturgica che ne abbiamo fatto evidenzia infatti alcuni,altri non meno importanti temi,sottesi nel racconto. L’alterità nel senso di essere altro, straniero in terra straniera: è il caso di Calaf, principe senza regno e senza terra e di Adelma anch’essa esule o meglio schiava in terra straniera.
I temi dell’amore, dell’amicizia e dell’affetto filiale si mescolano così a quelli della vendetta e della crudeltà ,anzi divengono gli uni motore
degli altri ma il finale ricompone, come è giusto avvenga in una bella favola ,l’armonia e la pace.
Ma lo spettatore e noi stessi siamo portati a chiederci:per quanto e per quanto ancora?
Manuel Giliberti

REPLICHE: 26 luglio Piazza Armerina, 29 luglio Cattolica Eraclea, 30 luglio Noto, 6 agosto Siracusa
FOLKSTUDIO

ARSURA D’AMURI
I poeti siciliani, i versi, i canti,antiche e nuove storie
di Carlo MURATORI, canto, chitarre e voce recitante
con M.Teresa ARTURIA, fisarmonica e Francesco BAZZANO, percussioni

Attraverso la sensibilità recitativa e la sanguigna interpretazione musicale di Carlo Muratori, rivive la parola dei grandi poeti e cantori siciliani degli ultimi secoli. Un incontro irripetibile che, modulato su vari registri artistici, restituisce “alla piazza” l’incanto, la rabbia e il fascino di una terra unica e dei suoi più autentici interpreti.
Un nome per tutti: IGNAZIO BUTTITTA
Tra i poeti contemporanei che hanno scelto di esprimersi in siciliano Buttitta è sicuramente il più noto e il più apprezzato, non soltanto nella sua terra. Non è un caso infatti che nel 1972 gli sia stato assegnato il Premio Viareggio per il volume “Io faccio il poeta”. Tra i temi più ricorrenti dei suoi versi, quelli delle lotte contadine e della conservazione della propria cultura. Una delle sue liriche più famose è “Lingua e dialetto”, dove implora i siciliani affinché conservino la propria lingua. Molto significativi sono già i primi versi: Un populu / mittìtilu a catina / spugghiàtilu /attuppàtici a vucca, / è ancora riccu.
Si parla dei “dolori vecchi e nuovi della Sicilia, rinnovando i modi della lirica dialettale, con la convinzione che il poeta deve essere partecipe della lotta di tutti gli uomini per affrancarsi soprattutto della miseria”.
Proponiamo uno spettacolo musicale, condotto magistralmente dalla carica interpretativa di Carlo Muratori, voce e chitarra, che preveda l’esecuzione delle storie più famose scritte da Buttitta per i cantastorie dell’epoca (Il lamento ppi la morti di Turiddu Carnivali, Lu trenu du suli), alcune fra le canzoni più celebri eseguite da Rosa Balistreri, Otello Profazio, Nonò Salomone … (la Sicilia havi un patruni, Li pirati a Palermu, Amuri e dinaru…) intervallate dalla recitazione di alcune poesie.

REPLICHE: 1 agosto Piazza Armerina, 2 agosto Modica, 14 agosto Siracusa

compagnia ZAPPALÀ DANZA

INSTRUMENT 1
coproduzione – Etnafest Arte Festival – Scenario Pubblico – uva grapes festival
coreografie e regia Roberto Zappalà
musica originale (esecuzione dal vivo) I Lautari
testi di Nello Calabrò , scene, luci e costumi Roberto Zappalà
interpreti Adriano Coletta, Alain El Sakhawi, Fernando Roldan Ferrer, Salvatore Romania, Antoine Roux-Briffaud, Alessandro Vacca
Musicista Puccio Castrogiovanni

Instruments è l’ultimo progetto di Roberto Zappalà, che sulla scia del suo più recente percorso coreografico, libera il movimento da una drammaturgia troppo complessa per soffermarsi sul corpo nella sua relazione con il suono, il rumore, la musica. La prima tappa dal progetto, Instrument 1 , è dedicata al marranzano, che per questa produzione è stato esplorato dai Lautari in un’affascinante ricerca, portando lo strumento, normalmente associato alla tradizione siciliana, a ritmi e sonorità innovativi e di grande impatto, dal sapore underground londinese. La danza insieme alla musica è protagonista, in corpo a sei danzatori uomini, che interpretano con vigore una Sicilia senza confini, in cui la tradizione e il moderno non vedono una netta distinzione, ma si incrociano, si ritrovano, si fondono. Con Instrument I Roberto Zappalà ha anche avviato re – mapping sicily, un percorso che avrà il compito di rileggere la Sicilia attraverso il suo linguaggio scenico .

INSTRUMENT 3
nuova creazione 2009

coreografie e regia Roberto Zappalà
musica originale Alfio Antico e musiche varie
testi di Nello Calabrò , scene, luci e costumi Roberto Zappalà

Instrument 3 si inserisce nel percorso re – mapping sicily, con il quale Zappalà intende rileggere la Sicilia attraverso il suo linguaggio scenico.

REPLICHE: 5 agosto Piazza Armerina, 7 agosto Noto

LEART’ Teatro

“EDIPO…seh!”
uno scherzo da Sofocle
di e con Andrea Tidona
regia di Carla Cassola
personaggi e voci
Edipo Vittorio Gassman
Sacerdote Renzo Ricci
Creonte Ugo Tognazzi
Tiresia Turi Ferro
Giocasta Tina Pica
Nunzio di Corinto Aldo Fabrizi
Pastore di Laio Paolo Stoppa
Messo Eduardo De Filippo

Lo spettacolo come recita il sottotitolo, è uno scherzo intelligente e raffinato per “raccontare” con leggerezza una delle più grandi tragedie della storia del teatro. Giorgio Strehler conduce e dirige una prova aperta dell’ “Edipo Re” di Sofocle.
Gli attori a cui ha affidato i ruoli principali sono tutti grandi interpreti, anche loro trapassati, che hanno fatto la storia del teatro e del cinema italiano. La maggior parte di loro non ha, però, mai a che fare con la tragedia classica, una per tutte: Tina Pica nel ruolo di Giocasta.
Tutto questo va da se genera un sentimento del contrario che suscita grande ilarità fra gli spettatori, senza intaccare comunque, nei momenti più intensi, tutta la forza tragica del testo.
Questa è, appunto, la ragion d’essere dello spettacolo, che altrimenti risulterebbe una parodia di scarso interesse.
La presenza di Strehler, con tutta la sua foga, la sua passione, la sua iperbolicità, le sue parolacce, gli insulti agli attori che non recitano come lui vorrebbe, danno un continuo straniamento, permettendo anche, di sintetizzare alcune parti del testo affidandole alle sue personalissime narrazioni.
Tutto questo si fonda sulle capacità imitatorie dell’unico interprete in scena: Andrea Tidona.
Capacità imitatorie che non riguardano solo la voce, ma bensì e soprattutto, lo stile interpretativo di questi “grandi”, i loro tic, le loro “caccole” il loro gigioneggiare.
La regia di Carla Cassola contribuisce con delle trovate semplicissime a rendere tutto molto fluido ed armonico.

REPLICHE: 31 luglio Siracusa

MOLISE SPETTACOLI – E20 PRODUZIONI

IL GOVERNO DELLE DONNE
di Aristofane
regia di
Giancarlo Fares
musiche Dino Scuderi
costumi Alessandra Benaduce – scene Nicola Macolino
con Debora Caprioglio
e Antonella Piccolo – Mario Patane’
Daniela Scarlatti – Sara Greco Valerio

Stanche del governo degli uomini, le donne ateniesi, al comando di Prassagora, interpretata da Debora Caprioglio, decidono di impadronirsi del potere. Un mattino, lasciati i mariti a dormire, travestite da uomini, escono all’alba per recarsi all’Assemblea. Qui, trovandosi in maggioranza riescono a votare una legge che affida il governo alle donne.
Una commedia musicale divertente ed ironica, si ride di gusto e si riflette sulle miserie umane, molto più attuali di quanto non sembri, e al termine dello spettacolo giunge forte e chiaro il testamento dell’autore: l’unica possibilità di salvezza sembra essere nel buon senso e nella volontà di costruire il mondo nella concordia.

REPLICHE: 30 luglio Morgantina, 31 luglio Selinunte, 1 agosto Cattolica Eraclea

INDA
Istituto Nazionale del Dramma Antico
LE SUPPLICI
Eschilo
Progetto e supervisione Fernado Balestra
Traduzione Louis Godart
Regia Tatiana Alescio
Coreografie Aurelio Gatti
Musiche Joe Schittino – Direzione del coro Simonetta Cartia
Scene Toni Fanciullo – Costumi Marcella Salvo

Pelasgo Giacinto Palmarini
Danao Francesco Alderuccio – Messaggero Davide Sbrogiò
Il Coro delle Supplici
Rita Abela, Simonetta Cartia, Chiara Catera, Carmelinda Gentile, Doriana La Fauci, Valeria Lombardo, Elena Polic, Katia Principato, Niryis Pouscoulous, Gabriella Riva e le Allieve del Secondo Nucleo Internazionale dell’Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Antico del Mediterraneo: Vittoria Bettella, Yuri Fontes Cabrera, Giulia Diomede, Laura Estaben, Margherita Forte, Antonella Grubic, Nuria Guerra Palma, Naomi Hernandez, Dalia Kasabri, Giorgia La Rosa, Morgana Marchesi, Camille Panza, Sanja Popovic, Diana Surimal Zurita

Le figlie di Danao sono fuggite dall’Egitto per evitare le empie nozze con i loro cugini. Riparate sulla costa argiva sotto la guida del padre, giungono supplici presso Pelasgo, re di Argo, a cui raccontano in un fitto dialogo le ragioni della propria fuga e la storia della propria stirpe. Pur essendo straniere, come rivela subito l’aspetto e l’abbigliamento esotico, esse rivendicano origini argive, poiché discendono dalla fanciulla Io, di stirpe argiva, che era stata amata e fecondata da Zeus e perseguitata da Era. Trasformata in vacca e tormentata con il pungolo di un tafano, Io era giunta Egitto dopo lunghe peregrinazioni, e qui aveva partorito Epafo, loro antenato. Il re ascolta le Danaidi supplici, ma esita ad accordare loro protezione, temendo di mettere a repentaglio la sicurezza e la vita stessa del suo popolo accogliendo le straniere.La situazione si complica quando le fanciulle minacciano di uccidersi impiccandosi alle statue degli dei, profanando il luogo. L’unica soluzione possibile, per il re, è trovare il sostegno e il consenso del popolo: convoca così un’assemblea democratica ante litteram , in cui gli Argivi decidono di accogliere le Danaidi. E’ Danao a portarne notizia alle figlie, dopo essersi recato a sua volta supplice presso i templi della città. Danao e le fanciulle esultano, ma ora si scorgono a distanza le navi egiziane che si avvicinano alla costa. Giunge l’araldo che irrompe offendendo le Danaidi, maledicendole e intimando loro di dirigersi verso le navi; ma il re le protegge e caccia l’intruso, che va via minacciando guerra. Le Danaidi entrano ad Argo per prendervi dimora, esortate dal padre a comportarsi con serietà e gratitudine verso il popolo che le ha accolte.

REPLICHE: 19 luglio Morgantina, 22 luglio Selinunte