Enna. Pubblichiamo l’elaborato con il quale Massimiliano Canale ha partecipato al Concorso Casa Europa 2009, nell’ambito delle manifestazioni federiciane, risultato vincitore del terzo premio. La redazione auspica un in bocca al lupo a questo promettente giovane:
Aprirsi per arricchirsi
Ogni popolo è la sua storia; ogni terra è il suo passato, l’unico campo in cui sia possibile seminare il futuro affinché germogli maturo e prospero.
Di fronte all’avanzare della globalizzazione, che spesso impoverisce le identità locali, travolgendole a favore di una banale massificazione, è importante che ogni popolo riscopra se stesso, le proprie origini, il cammino finora intrapreso, affinché sappia in quale direzione sia più giusto continuarlo.
L’identità locale non esclude l’identità europea, anzi la forma e la rafforza. L’Europa è stata per quasi tre millenni la grande protagonista della Storia dell’Uomo proprio perché le sue diverse civiltà si sono nei secoli incontrate e mescolate, completate e sovrapposte, dando vita a un grande mosaico di popoli e culture, ognuna delle quali è fortemente intrisa dell’altra. La Sicilia, ad esempio, è il risultato dell’avvicendarsi di Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Spagnoli, che intrecciandosi con le popolazioni autoctone hanno plasmato il popolo siciliano di cui facciamo parte oggi. Dunque un popolo non è mai soltanto se stesso, ma è soprattutto la commistione di tradizioni e usanze diverse che si sono stratificate nei secoli.
La Sicilia è il più grande esempio di ciò, poiché da millenni crocevia dei popoli più diversi, posta com’è al confine tra l’Europa cristiana a nord e l’Africa musulmana a sud, tra l’Occidente cattolico e l’Oriente ortodosso.
Benché oggi qualcuno cerchi di farci apparire ai margini d’Europa, noi siamo in verità al centro del Mediterraneo, nel cuore cioè della civiltà europea, che solo negli ultimi secoli di una tradizione millenaria ha spostato il suo baricentro verso nord.
Ecco che, dunque, ogni popolo deve riconoscersi in due identità: una locale e una europea, senza che l’una possa prescindere dall’altra, così come il particolare non può prescindere dall’universale.
E’ importante riscoprire se stessi, per potersi inserire nel quadro di un’Europa sempre più unita, che dopo un primo Novecento di guerre, tensioni e lacerazioni tende ora a ricompattarsi, nel nome delle antiche radici comuni. La Sicilia, da sempre snodo di genti, tradizioni, idee, deve dunque rivalutare il proprio passato per potersi riconoscere nell’Europa del presente: deve riscoprire la sua vocazione di crocevia di popoli e culture, per potersi meglio inserire in un’ottica sempre più “internazionale”, laddove cadono le frontiere, si colmano le trincee, e le genti tornano a incontrarsi.
L’età federiciana fu senz’altro una notevole spinta al multiculturalismo cui oggi tendiamo per via dell’immigrazione: Federico II precedette di oltre sette secoli la società multietnica che sta maturando oggi, poiché la sua grande apertura e lungimiranza lo portarono a fondare una civiltà in cui gli influssi arabi, bizantini e normanni erano tutti ugualmente accettati e incoraggiati.
L’imperatore, infatti, favorì la pacifica convivenza tra tutti i popoli che si erano stratificati nel Regno di Sicilia, e per questo si attirò la diffidenza di certi contemporanei i quali non vedevano di buon occhio la sua grande apertura nei confronti del mondo arabo che era allora un universo nemico. Ma fu proprio l’unione dei popoli il segreto dello splendore dell’età federiciana: la corte di Palermo si trasformò presto in una fucina di intellettuali, poeti, artisti, scrittori provenienti da tutto il Mediterraneo, che diedero vita alla prima scuola poetica d’Italia, cui si rifaranno dopo i grandi maestri toscani come Dante e Petrarca, e in seno alla quale nacque il sonetto, forma poetica tra le più prestigiose di ogni tempo, abbracciata tra gli altri anche da William Shakespeare.
La Sicilia, ed Enna in particolare, conobbero dunque un’età di grande splendore durante il regno di Federico; nella città degli Erei l’imperatore trascorse i suoi soggiorni estivi e fece ristrutturare l’antico Castello in rovina, ergendovi venti torri e costruendovi gli appartamenti reali.
Federico II fu una personalità eclettica e complessa, al pari della società siciliana del suo tempo: una società dove convivevano armoniosamente più popoli, più culture, più tradizioni, più lingue. La multiforme ricchezza, il variopinto splendore della Sicilia federiciana appaiono come l’ultimo barlume che questa terra abbia emanato, prima di assopirsi e spegnersi nei lunghi secoli della colonizzazione angioina e spagnola, che la trasformerà in un mondo chiuso, feudale, arretrato, l’ambiente ideale per il sorgere di fenomeni degradanti come la mafia, l’omertà, il brigantaggio.
Ora, per seppellire il lungo Medioevo siciliano, che purtroppo non è ancora finito, dobbiamo ispirarci agli antichi splendori che la Sicilia conobbe con Federico II, frutto di apertura culturale, fioritura delle arti, fermento delle intelligenze. Prendendo il meglio di ogni popolo, quest’uomo di larghe vedute aveva infatti saputo creare una società dinamica e cosmopolita, fiorente e intraprendente che traeva forza dalla sua diversità, ed è ad essa che dobbiamo ispirarci per migliorare la Sicilia di oggi.
Dobbiamo uscire dal nostro guscio di inerzia e provincialismo, abbandonare gli ultimi retaggi della colonizzazione spagnola che mutò la Sicilia da Regno aperto e fiorente a possedimento arretrato e miope. Dobbiamo capire che è quando i popoli si incontrano con spirito positivo che l’umanità dimentica i conflitti per prosperare in pace.
Ora, dato che chi non conosce se stesso non può pretendere di conoscere gli altri, la riscoperta dell’identità locale si pone come l’imprescindibile punto di partenza per avviare un cammino di fratellanza e comunione dei popoli. Conoscere il nostro passato, poi, sapere quale ricchezza e dinamismo caratterizzarono la Sicilia dai lontanissimi secoli delle poleis greche fino al Duecento federiciano, può aiutarci a dismettere questa squallida rassegnazione con cui guardiamo al futuro, può renderci più orgogliosi della nostra identità e più vogliosi di migliorarla, di epurarla dai mille parassiti che oggi la annegano, affinché la Sicilia torni, consapevole della sua centralità e forte della sua ospitalità, terra di scambi, incontri, cultura, germoglio da cui possa sbocciare il grande fiore dell’Europa unita.
Grande cura ebbe poi di riunire alla sua corte i più grandi poeti, letterati, artisti e pensatori del tempo: accolse sia intellettuali siciliani, come Iacopo da Lentini cui si attribuisce l’invenzione della forma poetica di maggior successo nella letteratura, il sonetto, che bizantini e arabi.
Fece tradurre molte opere dalla lingua di Maometto, ed egli stesso fu poeta e scrittore, riprendendo la tradizione degli statisti poeti iniziata in Grecia e poi proseguita a Roma con Adriano e Marco Aurelio.
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Massimiliano Canale è nato a Palermo nel 1992. Fin da bambino ha dimostrato una spiccata creatività, espressa dapprima nel disegno, poi, crescendo, nella scrittura. Scrive racconti, romanzi, poesie; tra queste ultime, alcune sono state premiate in diversi concorsi, tra i quali il Memorial Nicholas Green organizzato dalla Regione Siciliana (2006), il Concorso Scolastico Letterario Nino Savarese (2007, 1° classificato), il Premio Letterario “Roma… in cerca di poesia” del Municipio XX del Comune di Roma e analoghe iniziative ad Altofonte (PA), Seregno (MI), Reggello (FI) e Monza. Inoltre, ha partecipato nel 2004 e nel 2005 al telequiz per ragazzi “Genius” andato in onda su Rete Quattro con Mike Bongiorno e, forte della sua passione per i viaggi e per le lingue straniere, ha conseguito i certificati della Cambridge University KET e FCE.