Enna. In questo periodo ognuno è legittimato a parlare di ATO rifuti e di ATO in genere per dire la propria. Giacché tutti siamo legittimati ad intervenire per il solo fatto di essere contribuenti paganti (almeno così si spera, e chi scrive, lo ha fatto nonostante le demagogiche posizioni di chi pretende i servizi senza far pagare i cittadini) dobbiamo fare chiarezza, se non altro da cittadini contribuenti, su alcuni elementi essenziali che i soliti furbi non dicono o non vogliono far sapere.
Tutti ora si dissociano dalla struttura tecnico-organizzativa degli Ato che per definizione devono essere appunto ambiti di territorialità ottimale per la gestione di alcuni servizi pubblici essenziali individuati per legge.
Tutti i giovani (non per età ma per assoluta privazione di background e storia politica) politici o politicanti odierni dimenticano che i loro padri politici (autentici politici con grande cultura e capacità di governo) intuirono legislativamente e ne fissarono obbligatoriamente l’organizzazione territoriale ottimale per la gestione di alcuni servizi pubblici essenziali quali nel nostro caso quello della gestione dell’intero ciclo dei rifiuti e delle acque.
Questi giovani politici odierni – e quelli della sinistra mi preoccupano maggiormente – che decantano il ritorno alle asfittiche gestioni comunali per raccattare all’interno dei bilanci comunali le prebende tariffarie e nascondere così l’incapacità a governare i problemi di bilancio invece di essere paladini di forti proteste (anche con scioperi della fame, atti di disubbidienza civile, etc.) nei confronti delle politiche economiche nazionali che sono solerti solo a fare politiche di risanamento agendo sulle leve della fiscalità locale, dovrebbero dire che nei territori al di la del faro (Italia) gli ATO funzionano e nessuno si sogna di ritornare alle parcellizzate, costose ed inefficienti gestioni comunali. Nessuno di questi politici e tra loro, nemmeno i paladini delle demagogiche prese di posizione del non pagare anziché dire di pagare il giusto, ha il coraggio di sbandierare alla cittadinanza che tale organizzazione territoriale è un obbligo di legge in adempimento a precise direttive comunitarie, quelle stesse direttive comunitarie che impediscono l’affidamento diretto di qualsivoglia attività di natura economica ed imprenditoriale.
Quello stesso obbligo che impose al legislatore regionale, indaffarato in altri affari piuttosto che innovare attraverso buone leggi le procedure e la società, a decretare l’organizzazione ottimale senza un preciso quadro di riferimento programmatorio, pur di non perdere la programmazione comunitaria 2000-2006.
Una classe politica responsabile e degna di tale definizione (che abbia cioè cultura di governo e spirito europeo nella valorizzazione della qualità e della qualificazione dei servizi oggi purtroppo ridotta ai minimi termini) deve saper dire alla cittadinanza che l’A.T.O. è l’organizzazione ottimale territoriale solidale dei comuni obbligatoriamente prevista dall’originario preesistente e vigente quadro normativo nazionale di riferimento per la gestione dei rifiuti del D. Lgs. 22/97 che ebbe a definire, in una visione moderna, la problematica dei rifiuti che da problema dovevano diventare risorsa economica locale produttiva capace di produrre nuovi introiti a beneficio della collettività.
Tale normativa nazionale, avente natura di riforma economico-sociale, emanata per obbligo di rispetto degli adempimenti comunitari (la Corte di giustizia europea aveva più volte condannato l’Italia per i ritardi e le omissioni) conserva ancora oggi l’ambizioso obiettivo (nel resto d’ Italia realtà – eccezione napoletana consentita) del progressivo superamento delle gestioni in economia mediante l’aggregazione dei comuni su scala provinciale e/o ottimale per avere città e territori liberi dalla monnezza e dall’inquinamento.
Quelle stesse gestioni comunali – oggi auspicate da questi giovani politici – che procuravano a tutti i sindaci (i fortunati ne riuscivano a collezionare almeno due) avvisi di garanzia, procedimenti penali e condanne per le cattive gestioni comunali delle discariche (veri e propri santuari di nefandezze a volte con interessi mafiosi) che erano luoghi orrendi, indicibili ed indescrivibili.
E così i Sindaci di allora con l’alibi dell’emergenza riuscivano a portare i rifiuti di casa loro in altri territori comunali: la ‘monnezza’ agli altri le risorse a me e non avevano, spesse volte, nemmeno i soldi per pagare gli oneri di conferimento dei rifiuti in discarica.
Ma nessuno di loro oggi ricorda alla popolazione queste cose e la storia, lo sapete, si ripete due volte solo che la seconda è una farsa.
Se le chiedono queste cose i giovani politici e politicanti di oggi? Hanno il coraggio di dire alla cittadinanza chi ha pagato i costi dell’emergenza rifiuti, delle bonifiche, dei risanamenti, dei processi ?
Pare proprio di no poiché, anzi, in violazione della stessa legge e delle stesse direttive comunitarie che hanno permesso ad esempio al CGA di dar ragione all’Assoutenti sulle tariffe e sull’affidamento, decidono ora, forse arbitrariamente ed illegittimamente, di sciogliere l’ATO rifiuti che per legge, va ribadito con forza, è obbligatoriamente preposto (e solo lui) ad esercitare in via delegata dai Comuni tutte le attività connesse alla titolarità del servizio, con compiti di gestione, regolazione e controllo in maniera omogenea ed unitaria nell’interesse pubblico collettivo.
Allora sarebbe meglio individuare nel rispetto di tutte le procedure e per tutti i procedimenti quegli standard di processo che fanno in modo che qualsiasi Autorità d’Ambito Ottimale funzioni al meglio magari ricorrendo a quelle guide autenticamente manageriali che invece di guardare la punta del proprio naso si spingono al confronto concorrenziale con le migliori realtà.
Ma siamo in Sicilia dove padrini e padroni hanno sempre la meglio e del resto il voto popolare conferma la nostra indole che finisce per apprezzare la mediocrità a scapito della qualità a qualsiasi livello gestionale e di governo.
Giuseppe C. Vitale
Urbanista